Kahlil Gibran

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                  G I B R A N 

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L'aspetto delle cose varia secondo le emozioni,
e così noi vediamo magia e bellezza in loro:
ma bellezza e magia, in realtà, sono in noi.

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Indice

da “Le Ali spezzate”
citate da Mary Haskell
da “La Voce del Maestro”

da “il Profeta”
·        Dono
·        Respiro di vita
·        Donare

Prologo
    Parlaci …
·        Amore
·        Dolore
·        Gioia e dolore
·        Amicizia
·        Matrimonio
·        Parola
·        Figli
·        Preghiera
·        Morte
·        Mangiare e Bere
·        Bene e Male
·        Tempo
·        Piacere
·        Bellezza
·        Conoscenza
·        Ragione e Passione
·        Casa
·        Libertà
·        Dare
·        Lavoro
·        Insegnamento
Commiato

Il mondo perfetto
Dio
I due eremiti
Il piacere nuovo
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da ” Le ali spezzate”  romanzo d'amore

Lo spirito afflitto trova pace
solo in unione a uno spirito a lui simile.
I due convergono nell'affetto,
come uno straniero si rallegra
a vedere un altro straniero
in una terra lontana.
I cuori che si uniscono
per mezzo del dolore
non saranno separati
dalla gloria della gioia.
L'amore lavato dalle lacrime
rimane eternamente puro e bello

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L'amore è un tesoro prezioso, è il dono che Dio fa
agli spiriti sensibili e grandi.
Getteremo via questo tesoro e lasceremo che i porci
lo sparpaglino e lo calpestino?

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Uno sguardo che rivela
il tormento interiore
aggiunge bellezza al volto,
per quanta tragedia e pena riveli,
mentre il volto
che non esprime, nel silenzio,
misteri nascosti non è bello,
nonostante la simmetria dei lineamenti.
Il calice non attrae le labbra
se non traluce il colore del vino
attraverso la trasparenza del cristallo.

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La sete dell'anima
è più dolce del vino delle cose materiali,
e il fremito dello spirito appaga più intimamente
della sicurezza del corpo.
Gli affetti del cuore
sono come i rami del cedro;
se l'albero perde un ramo robusto,
soffre, ma non muore.
Riversa tutta la vitalità
Nel ramo accanto,
perchè possa crescere
e riempire il posto vuoto.
Esiste qualcosa di più grande e più puro
rispetto a ciò che la bocca pronuncia.
Il silenzio illumina l'anima,
sussurra ai cuori e li unisce.
Il silenzio ci porta lontano da noi stessi,
ci fa veleggiare
nel firmamento dello spirito,
ci avvicina la cielo;
ci fa sentire che il corpo
è nulla più che una prigione,
e questo mondo è un luogo d'esilio.
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L'amore è la sola libertà del mondo, perchè eleva lo spirito a tal punto
che le leggi dell'umanità e i fenomeni della natura
non ne alterano il corso.
L'amore è il solo fiore che cresca e sbocci
senza l'aiuto delle stagioni.
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Farò della mia anima uno scrigno
per la tua anima,
del mio cuore una dimora
per la tua bellezza,
del mio petto un sepolcro
per le tue pene.
Ti amerò come le praterie amano la primavera,
e vivrò in te la vita di un fiore
sotto i raggi del sole.
Canterò il tuo nome come la valle
canta l'eco delle campane;
ascolterò il linguaggio della tua anima
come la spiaggia ascolta
la storia delle onde.

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da “MARY  HASKELL”

Cos'è la poesia?
Un prolungamento della vista
- e la musica è
un prolungamento dell'udito.
Voglio che un uomo dica,
leggendo queste pagine:
"Ci sono altri mondi
- remoti, solitari, silenziosi, lontani -
di strana, deliziosa vita:
andiamo!" 
New York, 20 giugno 1914  

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Se riuscirò ad aprire
un angolo nuovo
nel cuore di un uomo
per lui non sarò vissuto invano.
Boston, 25 dicembre 1912 
 
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A volte, quando le anime sono piccole
e in primo luogo sono piccole le cose,
dobbiamo lasciarle stare
nei loro momenti bui,
perché vengano alla luce
in quella che è la loro stagione.
Ma il gesto di lasciarle a sé stesse
dev'essere un gesto d'amore.
New York, 5 febbraio 1921 

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Ogni volta che due persone conversano,
sono sempre in quattro a parlare.
Tra i due che sono visibili
intercorre un rapporto diverso
da quello che lega i due invisibili.
Possono discutere animatamente,
mentre gli invisibili sono in pace
e nella più completa quiete,
oppure possono essere uniti nella carne,
mentre gli invisibili
sono completamente disgiunti. 
Cambridge, 14 aprile 1922 

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Nessun rapporto umano
dà l'uno in possesso dell'altro.
in ogni coppia d'anime
i due sono assolutamente diversi.
In amicizia come in amore,
i due, a fianco a fianco,
sollevano le mani
insieme
per trovare ciò che né l'uno né l'altro
può raggiungere da solo. 
New York, 8 giugno 1924
 
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Voglio vivere la realtà.
Meglio che descrivere
con verosimiglianza il fuoco
è essere un piccolo tizzone vivo.
Voglio, prima o poi, semplicemente vivere
ciò che dico,
discorrere con la gente.
Voglio fare l'insegnante.
Poiché sono stato così solo,
voglio parlare a quelli che sono soli. 
Cambridge, 18 dicembre 1920

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"Le Parole dette"

Una cosa non può essere
semplicemente detta.
Dev'essere detta ancora e ancora,
in modi diversi.
Una sinfonia dice,
in ogni movimento,
una sola grande cosa
- a volte due o tre grandi cose -
e poi la ripete ancora e ancora,
ogni volta in modo diverso,
Ma ogni volta
la musica è la stessa
Boston, 11 maggio 1918
 
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Tu sei la sola persona al mondo
con la quale
mi sento completamente a casa.
  New York, 5 febbraio 1921
  
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Nessun rapporto umano
dà l'uno in possesso dell'altro.
in ogni coppia d'anime
i due sono assolutamente diversi.
In amicizia come in amore,
i due, a fianco a fianco,
sollevano le mani
insieme
per trovare ciò che né l'uno né l'altro
può raggiungere da solo. 
New York, 8 giugno 1924
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Ognuno ha qualcosa che desidera donare:
e così, troppo spesso,
nessuno è disposto a prendere.
Poniamo che io abbia una casa
e inviti gente.
Verranno e accetteranno la mia casa,
il mio cibo e perfino le mie idee,
ma non il mio amore.
E invece proprio l'amore
è ciò che la maggior parte di noi
desidera donare sopra ogni altra cosa.
 
Cambridge, 30 maggio 1922

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da: LA VOCE DEL MAESTRO
 

 
La vita è un'isola in un oceano di solitudine:
le sue scogliere sono le speranze, i suoi alberi sono i sogni,
i suoi fiori sono la vita solitaria, i suoi ruscelli sono la sete.
La vostra vita, uomini, miei simili, è un'isola,
distaccata da ogni altra isola e regione.
Non importa quante siano le navi
che lasciano le vostre spiagge per altri climi,
non importa quante siano le flotte
che toccano le vostre coste: rimanete isole,
ognuna per proprio conto,
a soffrire le trafitture della solitudine
e sospirare la felicità.
Siete sconosciuti agli altri uomini
e lontani dalla loro comprensione
e partecipazione.
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Musica: tu ci hai insegnato
a vedere con l'orecchio e a udire con il cuore.
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Anche il più saggio tra noi si piega sotto il peso d'Amore:
eppure esso è, in verità, leggero
come un alito di vento. 

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La Ragione senza il sapere è come un terreno non arato,
o come un corpo umano cui manchi il nutrimento. 

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Lo spirito in ognuno di noi si manifesta negli occhi,
nell'espressione e in tutti i movimenti e i gesti del corpo.
Il nostro aspetto, le nostre parole, le nostre azioni
non sono mai più grandi di noi stessi.
Giacché è l'anima la nostra dimora, gli occhi ne sono le finestre
e le parole i messaggeri.

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Ricordati: un giusto provoca nel diavolo maggior dispiacere
che un milione di ciechi credenti. 

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Il dolore ammorbidisce i sentimenti,
e la gioia guarisce il cuore ferito.

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Non rinunciare alla speranza, non abbandonarti alla disperazione
a causa di ciò che è passato,
giacchè rimpiangere l'irrecuperabile
è la peggiore delle umane debolezze. 

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Amore, il grande Re, ha restituito la vita al mio morto io;
ha ridato la luce ai miei occhi accecati dalle lacrime;
mi ha sollevato dalla fossa della disperazione
al celeste regno della Speranza. 

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L'uomo che ti comprende ti è affine più di un fratello di sangue.
I tuoi stessi familiari infatti, potrebbero non comprenderti
né conoscere il tuo vero valore.

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da: "IL PROFETA"

DONO
Dai poco quando doni ciò che hai.
Quando doni te stesso, solo allora dai veramente.

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RESPIRO DI VITA
Vorrei che andaste incontro al sole e al vento
con la pelle, più che con il vestito,
perchè il respiro della vita
è nella luce solare
e la mano della vita è nel vento

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Nessuno può rivelarvi nulla
se non ciò che già si trova in stato di dormiveglia
nell'albeggiare della nostra conoscenza.
L'insegnante che avanza nell'ombra del tempio,
fra i suoi discepoli,
non trasmette la sua sapienza,
ma piuttosto la sua fede e la sua amorevolezza.
Se è veramente saggio, non vi introdurrà
nella casa della sua sapienza,
ma vi accompagnerà alla soglia  della vostra mente.

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DONARE
Spesso dite:
"Voglio donare, ma solo a chi merita".
Non così dicono
gli alberi del vostro frutteto,
né gli animali che portate al pascolo.
Danno per vivere perché trattenere é perire.
Sicuramente l'uomo che è degno di ricevere
i suoi giorni e le sue notti
é degno di ricevere da voi qualsiasi altra cosa.
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PROLOGO
Almustafa, l'eletto e l'amato, come un'alba verso il suo giorno, aveva atteso dodici anni nella città di Orfalese il ritorno della nave che doveva riportarlo all'isola natale. E nel dodicesimo anno, il giorno settimo di Iellol mese della mietitura, salì sopra la collina fuori le mura della città e guardò verso il mare, e vide la sua nave venire nella nebbia. Allora le porte del suo cuore si spalancarono e la sua gioia volò lontano, al di sopra del mare.
E Almustafa chiuse gli occhi e pregò nei silenzi dell'anima. Ma discendendo dalla collina, una grande tristezza calò su di lui, e così pensò nel suo cuore: Come andarsene in pace e senza dolore ? No, non senza ferita nell'anima lascerò questa città. lunghi sono stati i giorni di sofferenza consumati tra le sue mura, lunghe le notti di solitudine; e chi può senza rimpianto lasciare il suo dolore e la sua solitudine ? Troppi frammenti dello spirito ho disseminato in queste strade, troppi figli del mio desiderio vanno nudi tra queste colline, e io non posso allontanarmi da loro senza peso e dolore. Non è una veste che oggi io mi tolgo, ma una pelle che strappo con le mie stesse mani. Non è un pensiero che io lascio dietro a me, ma un cuore reso dolce da fame e sete. E tuttavia non posso trattenermi più a lungo.
 Il mare che chiama a sè ogni cosa mi chiama, e io devo imbarcarmi. poiché se resto, nonostante brucino le ore della notte, io sarò ghiaccio e cristallo, costretto in uno stampo. Vorrei portare con me ogni cosa che è qui. Ma come potrò ? Una voce non può portare con se la lingua e le labbra che le hanno dato le ali. Sola dovrà approdare al cielo. E sola e senza nido l'aquila volerà attraverso il sole. Giunto ai piedi della collina, nuovamente guardò verso il mare e vide la sua nave avvicinarsi al porto e sulla prua i marinai, gli uomini della sua terra. E la sua anima gridò loro: Figli della mia antica madre, cavalieri delle onde, quante volte avete veleggiato nei miei sogni. E adesso approdate al mio risveglio, che è il mio sogno più profondo. Sono pronto a partire, e a vele spiegate il mo desiderio aspetta il vento. Ancora una volta respirerò quest'aria calma e ancora una volta volgerò indietro il mio sguardo d'amore. E allora sarò tra voi, navigante tra i naviganti. E tu, vasto mare, materno e insonne, Unica pace e libertà per il torrente e il fiume, In questa piana la corrente traccerà solo un'altra svolta, avrà solo un altro mormorio. E allora io verrò a te, goccia infinita in sconfinato oceano.
E camminando vide di lontano uomini e donne lasciare campi e vigneti e accorrere alle porte della città. E udì le loro voci pronunciare il suo nome e gridare da campo a campo annunziandosi l'un l'altra l'arrivo della sua nave. E lui si disse: Il giorno della separazione sarà forse giorno di convegno ? E questa mia vigilia, in verità, sarà detta la mia aurora ? E cosa offrirò a chi ha lasciato l'aratro a metà solco o ha fermato la ruota del suo torchio ? Sarà il mio cuore l'albero pesante di frutti che donerò loro ? E sgorgheranno come fonte i miei desideri affinché ne siano colme le loro coppe ? Sono forse io quale arpa sfiorata dalla mano del potente , o un flauto che il suo soffio attraversa ? Io sono un esploratore di silenzi, e quali tesori scoperti nei silenzi potrò dispensare con fiducia ? Se questo è il mio giorno delle messi, in quali campi ho sparso il seme e in quali stagioni dimenticate ? Se veramente questo è il giorno in cui leverò alta la mia lanterna, non è mia la fiamma che qui brucerà. Buia e vuota alzerò la mia lanterna. E a riempirla d'olio, così come ad accenderla, sarà il guardiano della notte. Questi pensieri lui tradusse in parole. Ma molto restò nel suo cuore di non detto. Poiché lui stesso era incapace di esprimere il suo segreto più profondo. E quando entrò nella città tutto il popolo gli venne incontro e lo acclamò con una voce sola. E gli anziani della città si fecero avanti e dissero: Non lasciarci ancora. Sei stato un meriggio nel nostro crepuscolo e la tua giovinezza ci ha donato visioni di sogno. Non sei ospite tra noi, non straniero, ma il figlio nostro prediletto. Non tollerare che ai nostri occhi manchi il nutrimento del tuo volto. E i sacerdoti e le sacerdotesse gli dissero: Non adesso ci separino le onde del mare e non diventino ricordo gli anni che hai trascorso tra noi. Come spirito hai camminato in mezzo a noi e la tua ombra è stata luce per i nostri volti. Molto ti abbiamo amato. Ma senza parole, nascosto, fu il nostro amore.
 Ora esso grida e a te vorrebbe rivelarsi. Poiché sempre l'amore ignora la sua profondità fino all'ora del distacco. E altri vennero a supplicarlo. Ma lui non rispose. Chinò soltanto la testa, e chi gli era vicino vide le lacrime cadergli sul petto. E con il popolo avanzò sulla grande piazza, davanti al tempio. E dal santuario uscì una donna di nome Almitra. Ed era un'indovina. E lui la fissò con estrema tenerezza perché per prima lo aveva cercato, e aveva creduto in lui dal giorno del suo arrivo in quella città. E lei lo salutò dicendo: Profeta di Dio, che cerchi l'assoluto, a lungo hai spiato l'orizzonte per scorgere la tua nave. E ora la tua nave è giunta e tu devi andare. Profonda è in te la nostalgia per la terra dei tuoi ricordi e per la dimora delle tue grandi speranze; e neppure il nostro amore potrà trattenerti né la nostra necessità. Ma prima di lasciarci noi ti chiediamo: parlaci e dona a noi la tua verità. Noi la doneremo ai nostri figli, questi a loro figli, ed essa non perirà. In solitudine hai vegliato sui nostri giorni, e vigile hai udito il pianto e il riso del nostro sonno. E allora dischiudici a noi stessi e a noi rivela ciò che sai su quanto passa tra la nascita e la morte. E lui rispose: Popolo di Orfalese, di che cosa posso parlare se non di ciò che anche ora si agita nel vostro cuore ? 

SULL' AMORE
Allora Almitra chiese: Parlaci dell’Amore...

Egli sollevò la testa e guardò intensamente il popolo,
e su ognuno di essi si posò una grande quiete... :

L’amore è quanto di meraviglioso si vivifica dentro ciò che semplicemente la vita esprime
e voi, attraverso la ragione che si rende visibile col sentimento,
qualunque sia la ragione che vi spinge ad accudirlo.
La sua mano può afferrarvi con un fremito felice:
dunque è impaziente d’aprire la porta dov’è imprigionato.
Se l’amore vi chiama ...andate.
Seguitelo, affinchè possano le sue braccia cingervi,
e voi nell’affidare senza esitare l’anima.
Vi condurrà per strade ardue e scoscese.
Oppure sarà pronto a nascondere, tra morbide piume, un pugnale pronto a ferirvi.
E al saggio appello del cuore gustatene il piacere della sua voce.
L’amore può dissolvere i vostri sogni così come il vento del nord sconvolge il giardino.
Giacché l’amore incorona e crocifigge.
E come fa fiorire così è pronto a recidervi.
Oppure può farvi salire alle vostre sommità
per accarezzare i rami più teneri che fremono al sole.
O farvi scendere alle vostre radici e scuoterle fin dove si avvinghiano alla terra.
Può accogliervi come spighe nel covone e battervi fino a denudarvi.
Potrà frantumarvi fino a liberarvi dalle spoglie e per fare di voi bianca farina.
Vi impasterà fino a quando non sarete morbidi.
E vi affiderà alla sua sacra fiamma affinché
diventiate il pane che si mangia sulla sacra mensa di Dio.
Tutto questo può compiere per voi l’amore,
affinché sarete degni dei segreti del vostro cuore,
e in questo farvi frammento del cuore della Vita.
Ma se per paura cercherete nell’amore
unicamente la pace e il piacere allora
sarà meglio che copriate la vostra nudità e uscite dalla sua soglia.
Nel mondo senza stagioni si può ridere, ma non tutto il vostro riso,
e piangere, ma non tutte le vostre lacrime.
L’amore nulla dà fuorché se stesso e non attinge che da se stesso.
L’amore non possiede né vorrebbe essere posseduto.
Solo l’amore basta all’amore.
E quando amate non dovreste dire: «Ho Dio nel cuore»,
ma piuttosto, «Io sono nel cuore di Dio ».
Non cercate di guidare l’amore, se vi ritiene degni, sarà lui a guidarvi.
Null’altro desiderio ha l’amore se non di appagare se stesso.
Ma se amate e, inevitabilmente bruciate, siano i vostri questi desideri:
Diventare acqua per sgorgare come
un melodioso ruscello e cantare il suo gorgheggiare alla notte.
Saper comprendere la pena che dona la troppa tenerezza.
Essere trafitti dalla vostra stessa comprensione d’amore.
E sanguinare arrendevoli e gioiosi.
Destarsi all’alba con il cuore pieno di ali e rendere grazie per un altro giorno d’amore.
Riposare nell’ora del meriggio e meditare sul rapimento che dà.
E pieni di gratitudine, rincasare la sera.
E addormentarsi con una preghiera in cuore per l’amato
e un canto di lode sulle labbra.

SUL DOLORE

Il tuo dolore è lo spezzarsi del guscio
che racchiude la tua capacità di comprendere.
E se potessi mantenere il cuore sospeso in costante stupore
ai quotidiani miracoli della vita, il dolore non ti sembrerebbe
meno meraviglioso della gioia;
e accetteresti le stagioni del tuo cuore, come hai sempre accettato
le stagioni che passano sui tuoi campi.
E veglieresti sereni durante gli inverni del vostro dolore.
Gran parte del vostro dolore è scelto da voi stessi.
E' la pozione amara con la quale il medico che è in voi guarisce il vostro male.
Quindi confidate in lui e bevete il suo rimedio in serenità e in silenzio.
Poiché la sua mano, benché pesante e rude, è retta dalla tenera mano dell'Invisibile,
E la coppa che vi porge, nonostante bruci le vostre labbra, è stata fatta con la creta che il Vasaio ha bagnato di lacrime sacre
.

 SU GIOIA E DOLORE
Allora una donna disse: Parlaci della Gioia e del Dolore.
E lui rispose:

La vostra gioia è il vostro dolore senza maschera,
E il pozzo da cui scaturisce il vostro riso, è stato sovente colmo di lacrime.
E come può essere altrimenti ?
Quanto più a fondo vi scava il dolore, tanta più gioia potrete contenere.
La coppa che contiene il vostro vino non è forse la stessa bruciata nel forno del vasaio ?
E il liuto che rasserena il vostro spirito non è forse lo stesso legno scavato dal coltello ?
Quando siete felici, guardate nel fondo del vostro cuore e scoprirete che è proprio ciò che vi ha dato dolore a darvi ora gioia.
E quando siete tristi, guardate ancora nel vostro cuore e saprete di piangere per ciò che ieri è stato il vostro godimento.
Alcuni di voi dicono: "La gioia è più grande del dolore", e altri dicono: "No, è più grande il dolore".
Ma io vi dico che sono inseparabili.
Giungono insieme, e se l'una siede con voi alla vostra mensa, ricordate che l'altro è addormentato nel vostro letto.
In verità voi siete bilance che oscillano tra il dolore e la gioia.
Soltanto quando siete vuoti, siete equilibrati e saldi.
Come quando il tesoriere vi solleva per pesare oro e argento, così la vostra gioia e il vostro dolore dovranno sollevarsi oppure ricadere

SULL'AMICIZIA
E un adolescente disse: Parlaci dell'Amicizia.
E lui rispose dicendo:

Il vostro amico è il vostro bisogno saziato.
E' il campo che seminate con amore e mietete con riconoscenza.
E' la vostra mensa e il vostro focolare.
Poiché, affamati, vi rifugiate in lui e lo ricercate per la vostra pace.
Quando l'amico vi confida il suo pensiero, non negategli la vostra approvazione, né abbiate paura di contraddirlo.
E quando tace, il vostro cuore non smetta di ascoltare il suo cuore:
Nell'amicizia ogni pensiero, ogni desiderio, ogni attesa nasce in silenzio e viene condiviso con inesprimibile gioia.
Quando vi separate dall'amico non rattristatevi:
La sua assenza può chiarirvi ciò che in lui più amate, come allo scalatore la montagna è più chiara della pianura.
E non vi sia nell'amicizia altro scopo che l'approfondimento dello spirito.
Poiché l'amore che non cerca in tutti i modi lo schiudersi del proprio mistero non è amore, ma una rete lanciata in avanti e che afferra solo ciò che è vano.
E il meglio di voi sia per l'amico vostro.
Se lui dovrà conoscere il riflusso della vostra marea, fate che ne conosca anche la piena.
Quale amico è il vostro, per cercarlo nelle ore di morte ?
Cercatelo sempre nelle ore di vita.
Poiché lui può colmare ogni vostro bisogno, ma non il vostro vuoto.
E condividete i piaceri sorridendo nella dolcezza dell'amicizia.
Poiché nella rugiada delle piccole cose il cuore ritrova il suo mattino e si ristora.

SUL MATRIMONIO
Allora Almitra di nuovo parlò e disse: Che cos'è il Matrimonio, maestro ?
E lui rispose dicendo:
 
Voi siete nati insieme e insieme starete per sempre.
Sarete insieme quando le bianche ali della morte disperderanno i vostri giorni.
E insieme nella silenziosa memoria di dio.
Ma vi sia spazio nella vostra unione,
E tra voi danzino i venti dei cieli.
Amatevi l'un l'altro, ma non fatene una prigione d'amore:
Piuttosto vi sia un moto di mare tra le sponde delle vostre anime.
Riempitevi l'un l'altro le coppe, ma non bevete da un'unica coppa.
Datevi sostentamento reciproco, ma non mangiate dello stesso pane.
Cantate e danzate insieme e state allegri, ma ognuno di voi sia solo,
Come sole sono le corde del liuto, benché vibrino di musica uguale.
Donatevi il cuore, ma l'uno non sia di rifugio all'altro,
Poiché solo la mano della vita può contenere i vostri cuori.
E siate uniti, ma non troppo vicini;
Le colonne del tempio si ergono distanti,
E la quercia e il cipresso non crescono l'una all'ombra dell'altro.

SULLA PAROLA
E allora uno studioso disse: Spiegaci la Parola.
E lui rispose dicendo:

Voi parlate quando avete perduto la pace con i vostri pensieri;
E quando non potete più sopportare la solitudine del cuore voi vivete sulle labbra, e il suono vi è di svago e passatempo.
E molte delle vostre parole quasi uccidono il pensiero,
Poiché il pensiero è un uccello leggero che in una gabbia di parole può spiegare le ali, ma non prendere il volo.
Tra voi vi sono quelli che cercano uomini loquaci per timore di restare soli.
Il silenzio della solitudine mette a nudo il loro essere, ed essi vorrebbero fuggirlo.
E vis ono quelli che, senza consapevolezza o prudenza parlano di verità che non comprendono.
E quelli invece che hanno dentro di sé la verità, ma non la esprimono in parole.
nel loro petto lo spirito dimora in armonico silenzio.
Quando per strada o sulla piazza del mercato incontrate un amico, lasciate che lo spirito vi muova le labbra e vi guidi la lingua.
Lasciate che la voce della vostra voce parli all'orecchio del suo orecchio;
Poiché custodirà nell'anima la verità del vostro cuore come si ricorda il sapore del vino.
Quando il colore è dimenticato e la coppa è perduta.

SUI FIGLI
E una donna che aveva al petto un bambino disse: Parlaci dei Figli...

I vostri figli non sono i vostri figli.
Sono i figli e le figlie della brama che la Vita ha di sé.
Essi non provengono da voi, ma per tramite vostro,
E benché stiano con voi non vi appartengono.
Potete dar loro il vostro amore ma non i vostri pensieri,
Perché essi hanno i propri pensieri.
Potete alloggiare i loro corpi ma non le loro anime,
Perché le loro anime abitano nella casa del domani, che voi non potete visitare, neppure in sogno.
Potete sforzarvi d'essere simili a loro, ma non cercate di renderli simili a voi.
Perché la vita non procede a ritroso e non perde tempo con ieri.
Voi siete gli archi dai quali i vostri figli sono lanciati come frecce viventi.
L'Arciere vede il bersaglio sul sentiero dell'infinito,
e con la Sua forza vi tende affinché le Sue frecce vadano rapide e lontane.
Fatevi tendere con gioia dalla mano dell'Arciere;
Perché se Egli ama la freccia che vola, ama ugualmente l'arco che sta saldo.

SULLA PREGHIERA
Allora una sacerdotessa disse: Parlaci della Preghiera.
E lui rispose dicendo:
 
Voi pregate nell'angoscia e nel bisogno, ma dovreste pregare anche nella pienezza della gioia e nei giorni dell'abbondanza.
Perché non è forse la preghiera l'espansione di voi stessi nell'etere vivente ?
Se riversare la vostra notte nello spazio vi conforta, è gioia anche esprimere l'alba del vostro cuore.
E se non potete fare a meno di piangere quando l'anima vi chiama alla preghiera, essa dovrebbe spingervi sempre e ancora al sorriso.
Pregando vi innalzate sino a incontrare nell'aria coloro che pregano nello stesso istante, e non potete incontrarli che nella preghiera.
Perciò la visita a questo tempio invisibile non sia altro che estasi e dolce comunione.
Giacche se entrate nel tempio soltanto per chiedere, voi non avrete.
E se entrate per umiliarvi, non sarete innalzati.
O se entrate a supplicare per il bene altrui, non sarete ascoltati.
Entrare nel tempio invisibile è sufficiente.
Con la parola io non posso insegnarvi a pregare.
Dio non ascolta le vostre parole, se non le pronuncia egli stesso attraverso le vostre labbra. E io non posso insegnarvi la preghiera dei monti, dei mari e delle foreste.
Ma voi, nati dalle foreste, dai monti e dai mari, potete scoprire le loro preghiere nel vostro cuore,
E se solo tendete l'orecchio nella quiete della notte, udrete nel silenzio:
"Dio nostro, ala di noi stessi, noi vogliamo secondo la tua volontà.
Desideriamo secondo il tuo desiderio.
Il tuo impero trasforma le nostre notti, che sono le tue notti, in giorni che sono i tuoi giorni. Nulla possiamo chiederti, perché tu conosci i nostri bisogni prima ancora che nascano in noi.
Tu sei il nostro bisogno, e nel donarci più di te stesso, tutto ci doni".

SULLA MORTE
Allora Almitra parlò dicendo: Ora vorremmo chiederti della Morte.
E lui disse:
 
Voi vorreste conoscere il segreto della morte.
ma come potrete scoprirlo se non cercandolo nel cuore della vita ?
Il gufo, i cui occhi notturni sono ciechi al giorno, non può svelare il mistero della luce.
Se davvero volete conoscere lo spirito della morte, spalancate il vostro cuore al corpo della vita, poiché la vita e la morte sono una cosa sola, come una sola cosa sono il fiume e il mare.
Nella profondità dei vostri desideri e speranze, sta la vostra muta conoscenza di ciò che è oltre la vita;
E come i semi sognano sotto la neve, il vostro cuore sogna la primavera.
confidate nei sogni, poiché in essi si cela la porta dell'eternità.
La vostra paura della morte non è che il tremito del pastore davanti al re che posa la mano su di lui in segno di onore.
In questo suo fremere, il pastore non è forse pieno di gioia poiché porterà l'impronta regale ? E tuttavia non è forse maggiormente assillato dal suo tremito ?
Che cos'è morire, se non stare nudi nel vento e disciogliersi al sole ?
E che cos'è emettere l'estremo respiro se non liberarlo dal suo incessante fluire, così che possa risorgere e spaziare libero alla ricerca di Dio ?
Solo se berrete al fiume del silenzio, potrete davvero cantare.
E quando avrete raggiunto la vetta del monte, allora incomincerete a salire.
E quando la terra esigerà il vostro corpo, allora danzerete realmente.

SUL MANGIARE E SUL BERE
Allora un vecchio oste disse: Parlaci del Mangiare e del Bere.
E lui disse:

 Vorrei che poteste vivere della fragranza della terra, e che la luce vi nutrisse in libertà come una pianta. Ma poiché per mangiare uccidete, e rubate al piccolo il latte materno per estinguere la sete, sia allora il vostro un atto di adorazione. E sia la mensa un altare su cui i puri e gli innocenti della foresta e dei campi vengano sacrificati a ciò che di più puro e innocente vi è nell'uomo.
Quando uccidete un animale, ditegli nel vostro cuore: "Dallo stesso potere che ti abbatte  io pure sarò colpito e distrutto, Poiché la legge che ti consegna nelle mie mani consegnerà me in mani più potenti. Il tuo sangue e il mio sangue non sono che la linfa che nutre l'albero del cielo".
E quando addentate una mela, ditele nel vostro cuore: "I tuoi semi vivranno nel mio corpo, E i tuoi germogli futuri sbocceranno nel mio cuore, La loro fragranza sarà il mio respiro, E insieme gioiremo in tutte le stagioni". E quando in autunno raccoglierete dalle vigne l'uva per il torchio, direte nel vostro cuore: "Io pure sarò vigna, e per il torchio sarà colto il mio frutto, E come vino nuovo sarò custodito in vasi eterni". E quando l'inverno mescete il vino, per ogni coppa intonate un canto nel vostro cuore, E fate in modo che vi sia in questo canto il ricordo dei giorni dell'autunno, della vigna e del torchio.  

SUL BENE E MALE
   E un anziano della città disse: Parlaci del Bene e del Male.
E lui rispose: 

Io posso parlare del bene che è in voi, ma non del male. Poiché il cattivo non è che il buono torturato dalla fame e dalla sete. In verità, quando il buono è affamato cerca cibo anche in una caverna buia e quando è assetato beve anche acqua morta. Siete buoni quando siete in armonia con voi stessi. Tuttavia, quando non siete una sola cosa con voi stessi, voi non siete cattivi. Una casa divisa non è un covo di ladri, è semplicemente una casa divisa. E una nave senza timone può errare senza meta tra isole pericolose senza fare naufragio. Siete buoni nello sforzo di donare voi stessi, Tuttavia non siete cattivi quando perseguite il vostro vantaggio. Quando cercate di ottenere, non siete che una radice avvinghiata alla terra per succhiarne il seno.
Certo, il frutto non può dire alla radice: "Sii come me, maturo e pieno e sempre generoso della tua abbondanza". Poiché come il frutto ha bisogno di dare, così la radice ha bisogno di ricevere. Siete buoni quando la vostra parola è pienamente consapevole. Tuttavia non siete cattivi quando nel sonno la vostra lingua vaneggia. E anche un discorso confuso può rafforzare una debole lingua. Siete buoni quando procedete verso la meta, decisi e con passo sicuro.
 Tuttavia non siete cattivi quando vagate qua e là zoppicando. Anche chi zoppica procede in avanti. Ma vi è agile e forte, non zoppichi davanti allo zoppo stimandosi cortese. Voi siete buoni in molteplici modi e non siete cattivi quando non siete buoni. Siete soltanto pigri e indolenti. Purtroppo il cervo non può insegnare alla tartaruga ad essere veloce. Nel desiderio del gigante che è in voi risiede la vostra bontà, e questo è un desiderio di tutti. In alcuni è un torrente che scorre impetuoso verso il mare, trascinando con sé i segreti delle colline e il canto delle foreste. In altri è una corrente placida che si perde in declivi e indugia prima di raggiungere la sponda.
Ma chi desidera molto non dica a chi desidera poco: "Perché esiti e indugi ?". Poiché, in verità, chi è buono non chiede a chi è nudo: "Dov'è il tuo vestito ?", né a chi è senza tetto: "Cos'è accaduto alla tua casa ?".  

SUL TEMPO
E un astronomo disse: Maestro, parlaci del Tempo.
E lui rispose:

Vorreste misurare il tempo, l'incommensurabile e l'immenso.
Vorreste regolare il vostro comportamento e dirigere il corso del vostro spirito secondo le ore e le stagioni.
Del tempo vorreste fare un fiume per sostate presso la sua riva e guardarlo fluire. Ma l'eterno che è in voi sa che la vita è senza tempo
E sa che l'oggi non è che il ricordo di ieri, e il domani il sogno di oggi.
E ciò che in voi è canto e contemplazione dimora quieto
Entro i confini di quel primo attimo in cui le stelle furono disseminate nello spazio. Chi di voi non sente che la sua forza d'amore è sconfinata?
E chi non sente che questo autentico amore, benché sconfinato, è racchiuso nel centro del proprio essere,
E non passa da pensiero d'amore a pensiero d'amore, né da atto d'amore ad atto d'amore?
E non è forse il tempo, così come l'amore, indiviso e immoto?
Ma se col pensiero volete misurare il tempo in stagioni, fate che ogni stagione racchiuda tutte le altre,
E che il presente abbracci il passato con il ricordo, e il futuro con l'attesa.

SUL PIACERE 
Allora un eremita, che visitava la città una volta l'anno, si fece avanti e disse:
Parlaci del Piacere.
E lui rispose dicendo:

Il piacere è un canto di libertà, Ma non è libertà.
È la fioritura dei vostri desideri, Ma non il loro frutto.
È un abisso che esorta alla scesa, Ma non è profondo né alto.
È un uccello in gabbia che si alza in volo, Ma non è lo spazio conquistato.
Sì, francamente, il piacere è un canto di libertà.
E io vorrei che lo intonaste in tutta pienezza
Ma temo che a cantarlo perdereste il cuore.
Alcuni giovani tra voi ricercano il piacere come se fosse tutto, e vengono giudicati e biasimati.
Non vorrei né giudicarli né biasimarli.  Vorrei che cercassero.
E troveranno non solo il piacere,
Poiché il piacere ha sette fratelli, e il minore è più bello dello stesso piacere.
Non avete udito di quell'uomo che, scavando la terra in cerca di radici, scoprì un tesoro?
E alcuni anziani tra voi ricordano con rimpianto i piaceri, come errori compiuti nell'ebbrezza.
Ma il rimpianto è l'oscurità della mente, e non il suo castigo.
Essi dovrebbero ricordare i loro piaceri riconoscenti come per il raccolto di un'estate.
Ma se il rimpianto li conforta, si confortino pure.
E tra voi vi sono quelli non così giovani per cercare, né così vecchi per ricordare.
E nella paura di cercare e ricordare, essi fuggono ogni piacer temendo di umiliare e offendere l'anima. Ma proprio in questo è il loro piacere.
E in tal modo scoprono tesori, sebbene scavino radici con mano tremante.
Ma ditemi, chi può offendere lo spirito?
L'usignolo offende il silenzio della notte, o la lucciola le stelle?
E la vostra fiamma o il vostro fumo mortificano il vento?
Pensate forse di poter turbare lo spirito come con un bastone uno stagno tranquillo?
Spesso, negandovi al piacere, non fate altro che respingere il desiderio nei recessi del vostro essere.
Chissà che non vi attenda domani ciò che oggi avete negato.
Anche il vostro corpo conosce la sua ricchezza e il suo legittimo bisogno, e non permette inganno.
Il corpo è l'arpa della vostra anima,
E sta a voi trarne musica armoniosa o confusi suoni.
E ora domandatevi in cuore: "Come potremo distinguere il buono dal cattivo nel piacere?".
Andate nei vostri campi e giardini, e imparerete che il piacere dell'ape è raccogliere il nettare del fiore,
E che il piacere del fiore è conceder all'ape il suo nettare.
Poiché il fiore per l'ape è una fonte di vita,
E l'ape per il fiore è una messaggera d'amore.
E per l'ape e per il fiore donarsi e ricevere piacere è a un tempo necessità ed estasi.
Popolo di Orfalese, nel piacere siate come le api e come i fiori.

SULLA BELLEZZA
E un poeta disse: Parlaci della Bellezza. 
E lui rispose:


Dove cercherete e come scoprirete la bellezza,
se essa stessa non vi è di sentiero e di guida?
E come potrete parlarne, se non è la tessitrice del vostro discorso?
L'afflitto e l'offeso dicono: "La bellezza è nobile e indulgente.
Cammina tra noi come una giovane madre confusa dalla sua stesa gloria".
E l'appassionato dice: "No, la bellezza è temibile e possente.
Come la tempesta, scuote la terra sotto di noi e il cielo che ci sovrasta".
Lo stanco e l'annoiato dicono: "La bellezza è un lieve bisbiglio.
Parla del nostro spirito.
La sua voce cede ai nostri silenzi
come una debole luce che trema spaurita dall'ombra".
Ma l'inquieto dice: "Abbiamo udito il suo grido tra le montagne,
E con questo grido ci sono giunti strepito di zoccoli,
battiti d'ali e ruggiti di leoni".
Di notte le guardie della città dicono:"La bellezza sorgerà con l'alba da oriente".
E al meriggio colui che lavora e il viandante dicono:
"L'abbiamo vista affacciarsi sulla terra dalle finestre del tramonto".
D'inverno, chi è isolato dalla neve dice:
"Verrà con la primavera balzando di colle in colle".
E nella calura estiva il mietitore dice:
"L'abbiamo vista danzare con le foglie dell'autunno e con la folata di neve nei capelli".
Tutte queste cose avete detto della bellezza,
Tuttavia non avete parlato di lei, ma di bisogni insoddisfatti.
E la bellezza non è un bisogno, ma un'estasi.
Non è una bocca assetata, né una mano vuota protesa,
Ma piuttosto un cuore bruciante e un'anima incantata.
Non è un'immagine che vorreste vedere, né un canto che vorreste udire,
Ma piuttosto un'immagine che vedete con gli occhi chiusi,
e un canto che udite con le orecchie serrate.
Non è la linfa nel solco della corteccia, né l'ala congiunta all'artiglio,
Ma piuttosto un giardino perennemente in fiore
e uno stormo d'angeli eternamente in volo.
Popolo di Orfalese, la bellezza è la vita,
quando la vita disvela il suo volto sacro.
Ma voi siete la vita e siete il velo.
La bellezza è l'eternità che si contempla in uno specchio.
Ma voi siete l'eternità e siete lo specchio.

SULLA CONOSCENZA 
E un uomo disse: Parlaci della Conoscenza

Il morso della conoscenza mastica il pensiero nel luogo più oscuro dell’esistenza, ma solo i vostri cuori nascondono nei loro silenzi i segreti dei giorni e delle notti.
Ma sono le vostre orecchie ad essere assetate dei rumori che dormono nel cuore.
Con quale canto vorreste esprimere le parole che avete sempre pensato.
E toccare con mano il corpo nudo dell’umano pensiero.
Ed è bene che così sia.
Sappiate che la fonte nascosta della vostra anima dovrà necessariamente effondersi e fluire mormorando verso il mare.
E il tesoro della vostra infinita profondità si mostrerà ai vostri occhi.
Ma non con la bilancia che valuterete questo sconosciuto tesoro.
E non scandaglierete con asta o sonda le profondità della vostra conoscenza.
Poiché l’essere è un mare sconfinato e incommensurabile.
Non dite: «Ho trovato la verità», ma piuttosto, «Ho trovato una verità».
Non dite: «Ho trovato il sentiero dell’anima», ma piuttosto, «Ho incontrato l’anima in cammino sul mio sentiero».
Poiché l’anima cammina su tutti i sentieri.
L’anima non procede in linea retta, e neppure cresce come una canna.
L’anima si schiude, con un fiore di loto dagli innumerevoli petali.

SULLA RAGIONE E PASSIONE 
E ancora la sacerdotessa parlò e disse: Parlaci della Ragione e della Passione.
E lui rispose dicendo:

La vostra anima è sovente un campo di battaglia
 dove giudizio e ragione muovono guerra all'avidità e alla passione.
Potessi io essere il pacificatore dell'anima vostra,
che converte rivalità e discordia in unione e armonia.
Ma come potrò, se non sarete voi stessi i pacificatori,
anzi gli amanti di ogni vostro elemento?
La ragione e la passione sono il timone e la vela
di quel navigante che è l'anima vostra.
Se il timone e la vela si spezzano,
non potete far altro che, sbandati, andare alla deriva,
o arrestarvi nel mezzo del mare.
Poiché se la ragione domina da sola, è una forza che imprigiona,
e la passione è una fiamma che, incustodita, brucia fino alla sua distruzione.
Perciò la vostra anima innalzi la ragione fino alla passione più alta,
affinché essa canti,
E con la ragione diriga la passione, affinché questa viva in quotidiana resurrezione,
e come la fenice sorga dalle proprie ceneri.
Vorrei che avidità e giudizio fossero per voi come graditi ospiti nella vostra casa.
Certo non onorereste più l'uno dell'altro,
perché se hai maggiori attenzioni per uno perdi la fiducia di entrambi.
Quando sui colli sedete alla fresca ombra dei pallidi pioppi,
condividendo la pace e la serenità dei campi e dei prati lontani,
allora vi sussurri il cuore: "Nella ragione riposa Dio".
E quando infuria la tempesta e il vento implacabile scuote la foresta,
e lampi e tuoni proclamano la maestà del cielo,
allora dite nel cuore con riverente trepidazione:
"Nella passione agisce Dio".
E poiché siete un soffio nella sfera di Dio e una foglia nella sua foresta,
voi pure riposerete nella ragione e agirete nella passione.

SULLA CASA 
Allora si fece avanti un muratore e disse: Parlaci della Casa.
E lui rispose dicendo: 

Costruite con l'immaginazione una capanna nel deserto, prima di costruire una casa entro le mura della città:  poiché come voi rincasate al crepuscolo, altrettanto fa il nomade che è in voi, sempre esule e solo.
La casa è il vostro corpo più vasto.
Essa si espande nel sole e dorme nella quiete della notte, e non è senza sogni. Non sogna forse la vostra casa ?
E sognando non abbandona la città per il bosco o la sommità della collina ?
Vorrei riunire nella mia mano le vostre case, e come il seminatore disperderle in prati e foreste.
Vorrei che le vostre strade fossero valli e verdi sentieri i vostri viali, affinché potreste cercarvi l'un l'altro tra le vigne e ritrovarvi con l'abito odoroso di terra.
Ma questo non può ancora accadere.
La paura dei vostri antenati vi ha radunati insieme, troppo vicini. E questa paura durerà ancora in voi. E ancora le mura delle vostre città separeranno dai campi i vostri focolari.
Ditemi, popolo di Orfalese, che avete in queste case ?
E che mai custodite dietro l'uscio sbarrato ?
Pace ? Il calmo impeto che rivela la forza ?
Ricordi ? L'arco di pallida luce che unisce le cime della mente ?
Avete la bellezza che conduce il cuore dagli oggetti creati nel legno e nella pietra alla montagna sacra ?
Ditemi, avete questo nelle vostre case ?
O avete solo benessere e l'avidità del benessere che furtiva entra in casa come ospite per diventarne padrona e infine sovrana ?  Si, essa vi domina, e con il rampino e la frusta riduce a fantocci le vostre aspirazioni più alte.
Benché abbia mani di seta, il suo cuore è di ferro.
Vi addormenta cullandovi per stare vicina al vostro letto e prendersi gioco della dignità della carne.  Schernisce i vostri sensi integri e li depone nella bambagia come fragili vasi.
In verità, l'avidità del benessere uccide la passione dell'anima e sogghigna alle sue esequie.
Ma voi, figli dell'aria, insonni nel sonno, non sarete ingannati né domati.
La vostra casa non sarà l'ancora, ma l'albero della nave.
Non sarà il velo lucente che ricopre la ferita, ma la palpebra a difesa dell'occhio.
Non ripiegherete le ali per attraversare le porte, non chinerete la testa per non urtare la volta, non tratterrete il respiro per paura che le mura si incrinino e crollino.
Non dimorerete in sepolcri edificati dai morti per i vivi.
E sebbene magnifica e splendida, la vostra casa non custodirà il vostro segreto né darà riparo alle vostre brame.
Poiché ciò che in voi è sconfinato risiede nella dimora del cielo, la cui porta è bruma mattutina e le finestre sono canti di quiete notturna.

SULLA LIBERTA'
E un oratore disse: Parlaci della Libertà.

Alle porte della città e presso il focolare ho veduto voi, prostrati, adorare la vostra libertà così come gli schiavi si piegano in lodi davanti al tiranno che li uccide.
Sì, nel bosco del tempio e all’ombra della rocca ho visto che per il più libero di voi la libertà non era che schiavitù e oppressione.
E in me stesso il cuore ha sanguinato, poiché voi sarete liberi solo quando lo stesso desiderio di ricercare la libertà diventerà una pratica per voi e finirete di chiamarla un fine e un compimento.
In verità sarete liberi solo quando i vostri giorni saranno privi di pena e le vostri notti senza angoscia e senza esigenze.
Quando di queste cose sarà circondata la vostra vita, allora vi innalzerete al di sopra di esse nudi e senza vincoli.
E come elevarvi oltre i giorni e le notti senza spezzare le catene che all’alba della vostra conoscenza hanno imprigionato l’ora del meriggio?
Quella che voi chiamate libertà è la più resistente di queste catene, benché i suoi anelli vi abbaglino scintillando al sole.
E cos’è mai se non parte di voi stessi ciò che vorreste respingere per essere liberi?
È ingiusta la legge che vorreste abolire, ma è la stessa che la vostra mano vi ha scritto sulla fronte.
Non si può cancellarla bruciano i libri di diritto neppure nettando la fronte dei vostri giudici, neanche riversandovi sopra tutta l’acqua del mare.
Se è un despota colui che volete detronizzare, badate prima che il trono eretto dentro di voi sia stato già distrutto.
Come può governare un tiranno uomini liberi e fieri, se non per una tirannia e un difetto della loro stessa libertà e del loro orgoglio?
E se volete allontanare un affanno, ricordate che quell’affanno non vi è stato imposto, ma voi l’avete scelto.
E se volete dissipare un timore, cercatelo dentro di voi e non nella mano di colui che questo timore incute.
La prova lampante di ciò è che, tutto ciò che desiderate e temete, che vi ripugna e vi blandisce, ciò che perseguitate e ciò che vorreste sfuggire, ognuna di queste cose si muove dentro il vostro essere in un durevole e incompiuto abbraccio.
Come luci e ombre strettamente legate, ogni cosa si agita in voi.
E quando un’ombra svanisce, la luce che indugia diventa ombra per un’altra luce.
E così quando la vostra libertà getta le catene diventa essa stessa la catena di una libertà più grande.

SUL DARE
Allora un uomo ricco disse: Parlaci del Dare.
E lui rispose:

Date poca cosa se date le vostre ricchezze.
E' quando date voi stessi che date veramente.
Che cosa sono le vostre ricchezze se non ciò che custodite e nascondete nel timore del domani ?
E domani, che cosa porterà il domani al cane troppo previdente che sotterra l'osso nella sabbia senza traccia, mentre segue i pellegrini alla città santa ?
E che cos'è la paura del bisogno se non bisogno esso stesso ?
Non è forse sete insaziabile il terrore della sete quando il pozzo è colmo ?
Vi sono quelli che danno poco del molto che possiedono, e per avere riconoscimento, e questo segreto desiderio contamina il loro dono.
E vi sono quelli che danno tutto il poco che hanno.
Essi hanno fede nella vita e nella sua munificenza, e la loro borsa non è mai vuota.
Vi sono quelli che danno con gioia e questa è la loro ricompensa.
Vi sono quelli che danno con rimpianto e questo rimpianto è il loro sacramento.
E vi sono quelli che danno senza rimpianto né gioia e senza curarsi del merito.
Essi sono come il mirto che laggiù nella valle effonde nell'aria la sua fragranza.
Attraverso le loro mani Dio parla, e attraverso i loro occhi sorride alla terra.
E' bene dare quando ci chiedono, ma meglio è comprendere e dare quando niente ci viene chiesto.
Per chi è generoso, cercare il povero è gioia più grande che dare.
E quale ricchezza vorreste serbare ?
Tutto quanto possedete un giorno sarà dato.
Perciò date adesso, affinché la stagione dei doni possa essere vostra e non dei vostri eredi.
Spesso dite: "Vorrei dare ma solo ai meritevoli".
Le piante del vostro frutteto non si esprimono così né le greggi del vostro pascolo.
Esse danno per vivere, perché serbare è perire.
Chi è degno di ricevere i giorni e le notti, è certo degno di ricevere ogni cosa da voi.
Chi merita di bere all'oceano della vita, può riempire la sua coppa al vostro piccolo ruscello.
E quale merito  sarà grande  quanto la fiducia, il coraggio,  anzi la carità  che sta nel  ricevere ?
E chi siete voi perché gli uomini vi mostrino il cuore, e tolgano il velo al proprio orgoglio così che possiate vedere il loro nudo valore e la loro imperturbata fierezza ?
Siate prima  voi stessi  degni  di essere colui che da  e allo stesso  tempo  uno strumento  del dare.
Poiché in verità è la vita che da alla vita, mentre voi, che vi stimate donatori, non siete che testimoni.
E voi che ricevete - e tutti ricevete - non permettete che il peso della gratitudine imponga un giogo a voi e a chi vi ha dato.
Piuttosto i suoi doni siano le ali su cui volerete insieme.
Poiché preoccuparsi troppo del debito è dubitare della sua generosità che ha come madre la terra feconda, e Dio come padre.

SUL LAVORO
Allora un contadino disse: Parlaci del Lavoro.
E lui rispose dicendo: 

Voi lavorate per assecondare il ritmo della terra e l'anima della terra.
Poiché oziare è estraniarsi dalle stagioni e uscire dal corso della vita, che avanza in solenne e fiera sottomissione verso l'infinito.
Quando lavorate siete un flauto attraverso il quale il sussurro del tempo si trasforma in musica.  Chi di voi vorrebbe essere una canna silenziosa e muta quando tutte le altre cantano all'unisono ?
Sempre vi è stato detto che il lavoro è una maledizione e la fatica una sventura.
Ma io vi dico che quando lavorate esaudite una parte del sogno più remoto della terra, che vi fu dato in sorte quando il sogno stesso ebbe origine.
Vivendo delle vostre fatiche, voi amate in verità la vita.
E amare la vita attraverso la fatica è comprenderne il segreto più profondo.
Ma se nella vostra pena voi dite che nascere è dolore e il peso della carne una maledizione scritta sulla fronte, allora vi rispondo : tranne il sudore della fronte niente laverà ciò che vi è stato scritto.
Vi è stato detto che la vita è tenebre e nella vostra stanchezza voi fate eco a ciò che è stato detto dagli esausti.
E io vi dico che in verità la vita è tenebre fuorché quando è slancio,
E ogni slancio è cieco fuorché quando è sapere,
E ogni sapere è vano fuorché quando è lavoro,
E ogni lavoro è vuoto fuorché quando è amore;
E quando lavorate con amore voi stabilite un vincolo con voi stessi, con gli altri e con Dio.
E cos'è lavorare con amore ?
E' tessere un abito con i fili del cuore, come se dovesse indossarlo il vostro amato.
E' costruire una casa con dedizione come se dovesse abitarla il vostro amato.
E' spargere teneramente i semi e mietere il raccolto con gioia, come se dovesse goderne il frutto il vostro amato.
E' diffondere in tutto ciò che fate il soffio del vostro spirito,
E sapere che tutti i venerati morti stanno vigili intorno a voi.
Spesso vi ho udito dire, come se parlaste nel sonno:
"Chi lavora il marmo e scopre la propria anima configurata nella pietra, è più nobile di chi ara la terra.
E chi afferra l'arcobaleno e lo stende sulla tela in immagine umana, è più di chi fabbrica sandali per i nostri piedi".
Ma io vi dico, non nel sonno ma nel vigile e pieno mezzogiorno, il vento parla dolcemente alla quercia gigante come al più piccolo filo d'erba;
E che è grande soltanto chi trasforma la voce del vento in un canto reso più dolce dal proprio amore.
Il lavoro è amore rivelato.
E se non riuscite a lavorare con amore, ma solo con disgusto, è meglio per voi lasciarlo e, seduti alla porta del tempio, accettare l'elemosina di chi lavora con gioia.
Poiché se cuocete il pane con indifferenza, voi cuocete un pane amaro, che non potrà sfamare l'uomo del tutto.
E se spremete l'uva controvoglia, la vostra riluttanza distillerà veleno nel vino.
E anche se cantate come angeli, ma non amate il canto, renderete l'uomo sordo alle voci del giorno e della notte.

SULL'INSEGNAMENTO
E un maestro disse: Parlaci dell'Insegnamento.
 E lui disse:

 Nessuno può insegnarvi nulla se non ciò che già sonnecchia nell'albeggiare della vostra conoscenza. Il maestro che cammina all'ombra del tempio tra i discepoli non elargisce la sua sapienza, ma piuttosto la sua fede e il suo amore. E se davvero è saggio, non vi invita ad entrare nella dimora del suo sapere, ma vi guida alla soglia della vostra mente.
L'astronomo può dirvi ciò che sa degli spazi, ma non può darvi la sua conoscenza.
Il musico può cantarvi la melodia che è nell'aria, ma non può darvi l'orecchio che fissa il ritmo, né l'eco che rimanda il suono. E colui che è esperto nella scienza dei numeri può descrivervi il mondo del peso e della misura, ma oltre non può condurvi.
Poiché la visione di un uomo non presta le proprie ali a un altro uomo. E così come ognuno è solo nella conoscenza di Dio, ugualmente deve in solitudine conoscere Dio e comprendere la terra.


  E così si fece sera.  E Almitra, l'indovina, disse:
Sia benedetto questo giorno e questo luogo e il tuo spirito che ha parlato.
E lui rispose:
Ero io a parlare ? Non sono stato io stesso un uditore ?

 Quindi scese i gradini del tempio e tutto il popolo lo seguì. Lui raggiunse la sua nave e restò in piedi sul ponte. E ancora rivolto al popolo levò alta la voce e disse:
Popolo di Orfalese, il vento mi comanda di lasciarvi. Io sono meno impaziente del vento, tuttavia devo andare. Per noi, viandanti eternamente alla ricerca della via più solitaria, non inizia il giorno dove un altro giorno finisce, e nessuna aurora ci trova dove ci ha lasciato al tramonto. Anche quando dorme la terra, noi procediamo nel viaggio. Siamo i semi della tenace pianta, ed è nella nostra maturità e pienezza di cuore che veniamo consegnati al vento e dispersi. Brevi furono i miei giorni tra voi, e ancor più brevi le parole che ho detto. Ma se la mia voce si affievolirà nel vostro orecchio e il mio amore svanirà nella vostra memoria, allora io tornerò. E con cuore più ricco e labbra più docili allo spirito, parlerò con voi. Sì, tornerò con la marea, E se anche la morte mi celasse e mi avvolgesse il silenzio più profondo, ancora cercherò il vostro ascolto. E non cercherò invano. Se ciò che ho detto è verità, questa verità dovrà rivelarsi in una voce più chiara e in parole più somiglianti ai vostri pensieri.
 Io vado col vento, popolo di Orfalese, ma non verso il  nulla. E se questo giorno non  è compimento delle vostre attese né del mio amore, sia allora promessa per un altro giorno. I bisogni dell'uomo mutano, ma non  il suo amore né il desiderio che sia l'amore a placarli. Sappiate dunque che io tornerò dal silenzio più grande. La nebbia che all'alba si dissolve e lascia sui campi solo rugiada, si alzerà per raccogliersi in nube e ricadere sotto forma di pioggia. E io fui come nebbia. Nella quiete della notte ho camminato per le vostre strade e il mio spirito è entrato nelle vostre case, I palpiti del vostro cuore erano nel mio cuore e sul mio volto soffiava il vostro respiro, e vi ho conosciuti tutti. Sì, ho conosciuto la vostra gioia e il vostro dolore e, nel sonno, i vostri sogni erano i miei sogni. Tra voi sovente sono stato un lago circondato da montagne. In me si sono rispecchiate le vostre vette e i curvi pendii, e anche il lento sfilare delle greggi dei vostri pensieri e passioni. E al mio silenzio è giunto come a ruscelli il riso dei vostri bambini e a fiumi l'ardente desiderio dei vostri giovani. E raggiunta la mia profondità, ruscelli e fiumi non avevano ancora smesso il canto. Ma qualcosa di più dolce del riso e più grande del desiderio è giunto sino a me. L'infinito in voi;
L'uomo immenso del quale non siete altro che cellule e nervi; Nel cui cantico ogni vostra voce non è che un muto singhiozzo. E' nell'uomo immenso che voi siete immensi, Ed è nel guardarlo che vi ho guardato e amato. Poiché a quali distanze, al di là di questa immensa sfera, può giungere l'amore ? Quali visioni, quali attese e quali speranze si eleveranno oltre quel volo ? Come una quercia gigantesca in piena fioritura è l'uomo immenso in voi. La sua forza vi lega alla terra, la sua fragranza vi solleva nell'aria, e nel suo perdurare voi siete immortali. Vi è stato detto che voi, simili a una catena, siete deboli quanto il vostro anello più debole. Questa non è che una mezza verità. Voi siete anche forti come il vostro anello più forte. Misurarvi dalla vostra azione più meschina è come calcolare la potenza dell'oceano dalla fragilità della sua schiuma. Giudicarvi dai vostri errori è accusare le stagioni per la loro incostanza. Sì, voi siete come l'oceano, E sebbene le navi, pesanti di carichi, attendano la marea sulle vostre rive, voi, come l'oceano, non la potete affrettare.
 E inoltre siete come le stagioni, E benché nel vostro inverno neghiate la vostra primavera, La primavera che è in voi sorride intatta e assopita. Non pensiate che io vi parli così affinché vi diciate l'un l'altro: "Ci ha ben lodato. In noi non ha visto che il buono". Io vi ho solo tradotto in parole ciò che voi stesse conoscete in pensiero. E che cos'è la parola se non l'ombra di una conoscenza inespressa ? I vostri pensieri e le mie parole sono le onde di una memoria sigillata che conserva la traccia del nostro passato, E dei remoti giorni in cui la terra non conosceva noi né sé stessa, E delle notti in cui era preda del caos. Uomini savi sono venuti per darvi la loro saggezza. Io sono venuto per attingerla da voi. E ho trovato quanto è più grande della saggezza: La fiamma dello spirito in voi che si alimenta di sé stessa, Mentre voi, noncuranti del suo espandersi, piangete l'inaridire dei giorni. E ho trovato la vita che cerca la vita in corpi che temono la tomba. Qui non ci sono tombe. Queste montagne e queste pianure sono una culla e una pietra per il guado.
Quando passate per il campo dopo aver sepolto i vostri avi, guardatevi intorno e vedrete voi stessi con i vostri figli danzare mano nella mano.
 In verità, spesso fate festa senza saperlo. Altri uomini vennero a blandire la vostra fede con dorate promesse e voi a loro rendeste ricchezze e potenza e gloria. Io vi ho dato meno di una promessa, eppure siete stati con me più generosi: Mi avete dato la più profonda sete di vita futura. Certo non vi è dono più grande per un uomo di ciò che muta ogni proposito in labbra ardenti e tutta la vita in una fonte. E in questo sta il mio onore e la mia ricompensa: Vengo a bere a una fonte e trovo l'acqua viva essa stessa assetata; E mentre io bevo l'acqua mi beve. Qualcuno tra voi mi ha stimato superbo e troppo schivo per ricevere doni. In verità sono troppo superbo per accettare compensi, ma non doni. E sebbene abbia mangiato bacche sulle colline quando mi avreste invitato alla vostra mensa, E dormito sotto il portico del tempio quando mi avreste dato asilo con gioia, Non è stata forse la vostra amorevole preoccupazione per i miei giorni e le mie notti a rendere il cibo dolce alla mia bocca e a circondare il mio sonno di visioni ?  
   Per tutto questo io vi benedico ancora. Voi date molto e lo ignorate: In verità la bontà che si ammira allo specchio si tramuta in pietra, E una buona azione che si compiace di sé stessa genera una maledizione. E alcuni di voi mi hanno giudicato distante ed ebbro della mia solitudine, E hanno detto, "Lui tiene consiglio con gli alberi della foresta, ma non con gli uomini. Siede solitario sulle cime dei monti e guarda dall'alto la nostra città". E' vero, ho scalato montagne e ho camminato in luoghi remoti. Ma come avrei potuto vedervi se non da una grande altitudine o da una grande distanza ? In verità, come si può essere vicini se non si conosce la lontananza ? E altri tra voi si sono tacitamente rivolti a me pronunziando queste parole: "Straniero, straniero, amante di irraggiungibili altezze, perché vivi sulle cime dove le aquile costruiscono il loro nido ? Perché cerchi l'impossibile ? Quali tempeste vorresti carpire ? E quali uccelli chimerici insegui nel cielo ? Vieni, e sii uno di noi. Scendi, placa la tua fame col nostro pane e spegni la tua sete col nostro vino".
 Nella solitudine dell'anima questo hanno detto;
 Ma se la loro solitudine fosse stata più profonda avrebbero capito che ricercavo soltanto il segreto della vostra gioia e della vostra pena, E che inseguivo soltanto la vostra essenza più vasta che si libra nel cielo. Ma il cacciatore è stato anche la preda; Molte frecce hanno lasciato il mio arco solo per mirare al mio petto. E il volatile è stato anche il rettile; Quando le mie ali si dispiegavano al sole, la loro ombra sulla terra era una tartaruga. E io, il credente, sono stato anche lo scettico, Poiché sovente ho messo il dito nella mia stessa piaga, per avere di voi la conoscenza e la fede più profonde. Ed è con questa fede e questa conoscenza che io dico, Voi non siete rinchiusi nel vostro corpo, né confinati nelle case o nei campi. Ciò che voi siete ha la sua dimora tra le montagne ed erra nel vento. E non è qualcosa che striscia al sole per scaldarsi o scava buche nel buio per trovare rifugio. Ma qualcosa di libero, uno spirito che avvolge la terra e muove nell'etere. Se queste sono parole vaghe, non cercate di chiarirle. Vago e nebuloso è l'inizio di ogni cosa, ma non la sua fine.
E vorrei che mi ricordaste come un inizio. La vita, e tutto ciò che vive, è concepito nella nebbia e non nel cristallo. E chissà se il cristallo non è la nebbia che si dilegua ? Nel ricordarmi, non scordatevi di questo: Ciò che in voi sembra più fragile e confuso, è invece più forte e determinato. Non è forse il respiro che ha eretto e temprato la vostra struttura ? E non è forse un sogno che nessuno di voi ricorda di aver sognato, ciò che ha edificato la vostra città e modellato ogni cosa in essa ? Se solo poteste vedere il flusso di questo respiro, non vorreste vedere nient'altro. E se solo poteste udire il sussurro di questo sogno, non vorreste ascoltare suono diverso. Ma voi non vedete né udite, e questo è bene. Il velo che offusca i vostri occhi sarà sollevato dalla mano che lo ha tessuto, E la creta che ostruisce le vostre orecchie sarà rimossa dalle dita che l'hanno impastata. E voi vedrete. E voi udirete. Ma non rimpiangerete di aver conosciuto la cecità, né di essere stati sordi. Poiché in quel giorno conoscerete il fine nascosto. E benedirete l'oscurità come avreste benedetto la luce.
Dette queste cose si guardò intorno e vide il timoniere in piedi vicino alla sbarra scrutare ora le vele gonfie ora l'orizzonte. E disse:
Paziente, troppo paziente è il capitano della mia nave. Il vento soffia e le vele sono inquiete; Anche il timone implora la sua rotta; Tuttavia il mio capitano ha atteso con calma il mio silenzio. E questi miei marinai, che già udivano il coro del mare aperto, hanno saputo ascoltarmi pazienti. Non aspetteranno più a lungo. Sono pronto. Il fiume ha raggiunto il mare, e ancora una volta la grande madre accoglie il figlio nel suo grembo. Addio, popolo d'Orfalese. Questo giorno è finito. Si chiude su di noi come il giglio acquatico sul suo domani. Serberemo quello che qui ci è stato donato, E se non sarà sufficiente, ci ricongiungeremo per tendere ancora le mani verso colui che dà. Tornerò a voi, non dimenticatemi. Sarà tra breve, e il mio anelito raccoglierà polvere e saliva per un altro corpo. Sarà tra breve, un attimo di calma nel vento e un'altra donna mi partorirà. Addio a voi e alla giovinezza trascorsa con voi. Appena ieri ci incontrammo. Voi avete cantato per me nella mia solitudine e io ho costruito una torre nel cielo con i vostri desideri.
Ma ora il nostro sogno è finito, è volato via il sonno e non è più l'alba. Il mattino volge al termine, il nostro dormiveglia si è trasformato nella pienezza del giorno, e dobbiamo separarci. Se ancora una volta ci incontreremo nel crepuscolo della memoria, parleremo nuovamente insieme, e il canto che voi intonerete sarà allora più profondo. E se le nostre mani si toccheranno in un altro sogno, costruiremo un'altra torre nel cielo.
Così dicendo fece un segnale ai marinai e subito essi levarono le ancore e, liberata la nave dagli ormeggi, salparono verso oriente. E un grido venne dal popolo come da un solo cuore, salì nel crepuscolo e dal mare fu portato lontano come uno squillo di tromba.
Solo Almitra rimase in silenzio fissando la nave fino a che scomparve nella foschia. E quando tutto il popolo si disperse lei restò sola sul molo mentre nel suo cuore riaffioravano le parole:

"Sarà tra breve, un attimo di calma nel vento, e un'altra donna mi partorirà"


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il Mondo Perfetto

Dio delle anime smarrite, tu che sei smarrito tra gli dei, ascoltami:
Destino Cortese che vegli su di noi, spiriti erranti, ascoltami: Io, il più imperfetto degli uomini, sono parte di una razza perfetta.
Io, caos umano, nebulosa di elementi confusi, mi muovo in mezzo a mondi finiti, genti dalle leggi complete e di ordine perfetto, con pensieri diversi, sogni fissi, e visioni schedate e registrate.
Le loro virtù, Signore, sono misurate e i loro peccati soppesati, e persino gli innumerevoli atti compresi nel vago confine tra vizio e virtù, sono registrati e catalogati.
Qui i giorni e le notti sono divise in stagioni di comportamento e governati da regole ben precise: mangiare, bere ,dormire, coprire le proprie nudità ed essere stanchi a tempo debito.
Lavorare, giocare, cantare, danzare e coricarsi al rintocco dell'orologio.
Pensare in questo modo, e ancor più sentire, per poi smettere quando una certa stella affiora all'orizzonte lontano.
Rubare all'amico con un sorriso, donare con un lieve tocco della mano, lodare con prudenza, accusare con cautela,
distruggere un'anima con una parola, bruciare un corpo con un soffio, per poi lavarsi le mani alla fine del lavoro quotidiano. Amare secondo un ordine prestabilito, intrattenere la parte migliore di se con metodo, venerare adeguatamente gli dei, stuzzicare il diavolo abilmente, per poi dimenticare tutto come se la memoria fosse morta.
Immaginare con buon senso, contemplare con considerazione, essere felici dolcemente, soffrire con dignità, e poi vuotare il calice affinchè domani si possa riempirlo ancora.
Signore, tutto ciò è già previsto, generato con determinazione, nutrito con esattezza, regolato da leggi, guidato dalla ragione, per poi essere distrutto e seppellito secondo il metodo prescritto, e la tomba nella quale giace tra le anime umane reca anch'essa un marchio e un numero.
E' un mondo perfetto, di eccellenza assoluta e di meraviglie supreme, il frutto più rigoglioso nel giardino del Signore, l'idea guida dell'universo.
Perchè mai Signore, io acerbo seme di passione inappagata, furiosa tempesta senza meta, frammento disordinato di un pianeta in fiamme, dovrei restare qui?
Signore delle anime smarrite, tu che sei perduto tra gli dei, vuoi dirmi perchè mai mi trovo qui...?

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Dio

Nei remoti tempi,quando il primo tremito della parola mi salì alle labbra,ascesi la montagna sacra e parlai a Dio,dicendo:« Signore,io sono il Tuo servo. Il Tuo nascosto volere costituisce la mia legge e io ti obbedirò per sempre ».
Ma Dio non diede alcuna risposta, e come possente tempesta passò oltre.
E dopo un migliaio di anni ascesi la montagna sacra e di nuovo parlai a Dio dicendo: «Mio creatore,io sono tua creazione.Dall’argilla mi hai plasmato,e a Te io tutto devo ».
E Dio non diede alcuna risposta, ma passò oltre come un vento di mille rapide ali.
E dopo mille anni mi arrampicai sulla montagna sacra e parlai a Dio nuovamente dicendo: « Padre ,sono tuo figlio.In pietà e amore Tu mi desti la nascita,e attraverso l’amore e l’adorazione io erediterò il Tuo Regno».
E Dio non diede alcuna risposta, e come nebbia che vela le lontane colline passò oltre.
E dopo mille anni ancora m’arrampicai sulla montagna sacra e nuovamente parlai a Dio dicendo: « Mio Dio, mio fine e mio compimento,io sono il tuo ieri e Tu il mio domani.Io sono la Tua radice in terra e Tu il mio fiore in cielo,e insieme ci dilatiamo dinanzi al volto del sole».
Allora Dio si chinò su di me,e sussurrò parole di dolcezza nel mio orecchio,avvolgendomi come fa il mare che cinge tutt’intorno il ruscello che corre verso di lui.
E quando discesi le valli e il piano, Dio era anche laggiù.

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i due Eremiti

Su una solitaria montagna vivevano due eremiti che adoravano Dio e s'amavano l'un l'altro.
Ora questi due eremiti avevano una sola ciotola di terracotta, che era l'unica cosa che possedevano.
Un giorno uno spirito maligno entrò nel cuore dell'eremita più anziano; e questi si recò dal più giovane e disse:"E' da lungo tempo che viviamo insieme. E' giunto il momento di separarci. Dividiamo quello che possediamo".
L'eremita più giovane si rattristò e disse:"Mi addolora, fratello, che tu debba lasciarmi. Ma se devi per necessità andare, così sia", e prendendo la ciotola di terracotta gliela porse dicendo:"Non possiamo dividerla, fratello; che sia tua".
Allora l'eremita più anziano disse:"No, niente elemosine. Prenderò solo quello che è mio. La ciotola la divideremo".
E il più giovane disse:"Se la ciotola si rompesse, di quale utilità sarebbe per te o per me? Ma se proprio ti piace così, tiriamo a sorte, allora".
L'eremita più anziano riprese a dire:"Voglio solo giustizia e ciò che è mio, e non vorrò affidare la giustizia e ciò che è mio al vano caso. La ciotola dev'essere divisa".
Allora l'eremita più giovane non potè aggiungere altre ragioni e disse:"Se questo dunque è il tuo volere, e se vuoi averla anche così, non ci resta che rompere ora la ciotola".
Ma il volto dell'eremita più anziano si rabbuiò oltre ogni misura. Gridò:"Ah, maledetto codardo, non vuoi dunque lottare?".

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il Piacere Nuovo

Ieri sera ho inventato un nuovo piacere, e mentre volevo metterlo alla prova per la prima volta, si precipitarono verso la mia casa un angelo e un diavolo. S'incontrarono sulla soglia, disputando accanitamente tra loro su quel mio neonato piacere, gridando l'uno: "è un nuovo peccato!", e l'altro: "è una virtù".


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