Il più grande uomo della storia:
GESU' CRISTO
Non aveva servitori ma Lo chiamavano Signore
Non aveva lauree ma Lo chiamavano Maestro
Non aveva medicine ma guariva tutti
Non aveva eserciti ma i re Lo temevano
Non ha vinto nessuna grande battaglia ma ha conquistato il mondo
Non commise nessun crimine ma Lo crocifissero
Lo seppellirono ma oggi VIVE !
Ama , infine, anche questo
tuo supplicatore, che osa invitarti a quell’irresistibile Amore che ti
condusse, te Dio, a nascere nel fango e a morire nel sangue
Preghiera
Ama tutti, o Cristo, ama queste esiliate e contristate creature, alle quali, un giorno, anche tu volesti assomigliare e che, nonostante, non riescono ancora a rassomigliarti.
Ama , infine, anche questo
tuo supplicatore, che osa invitarti a quell’irresistibile Amore che ti
condusse, te Dio, a nascere nel fango e a morire nel sangue
Giovanni Papini.
INDICE
L’Amore di Gesù
Ti amo ...da morire (il tuo Gesù)
L'opale
Lui …ed io
Il saluto
Un equivoco
I due sassolini
Tempesta in alto mare
La Madonna col Bambino
Una collana di perle
Nella capanna del presepe
La leggenda del Pettirosso ( di Selma Lagerlof)
Racconto di Natale ( di Dino Buzzati)
Gli uccelli d'argilla
La madre di San Pietro
L’Amore di Gesù
Ti amo ...da morire (il tuo Gesù)
L'opale
Lui …ed io
Il saluto
Un equivoco
I due sassolini
Tempesta in alto mare
La Madonna col Bambino
Una collana di perle
Nella capanna del presepe
La leggenda del Pettirosso ( di Selma Lagerlof)
Racconto di Natale ( di Dino Buzzati)
Gli uccelli d'argilla
La madre di San Pietro
L’Amore di Gesù
Un giorno, tanto tempo
fa, un uomo, addolorato pesantemente nel cuore, stava camminando in un bosco.
Lui ripensava a tutta la sua
vita trascorsa e riconosceva che era tutto uno sbaglio…
Ricordava di aver mentito
tante volte nel suo lavoro.
I suoi pensieri si
volgevano a quelle persone cui aveva rubato e alle altre che avevano rubato a
lui… con inganni e sotterfugi.
Lui ricordava la famiglia
nella quale era vissuto: un problema dopo l’altro!
Poi la malattia che aveva
e che nessuno aveva potuto guarire.
La sua anima era piena di
rabbia, di risentimento e di frustrazione.
Passeggiando nel bosco,
cercava risposte che lui non poteva trovare, sapendo che tutto era inutile e
destinato a fallire.
Allora si inginocchiò
alla base di un vecchio albero di quercia, che lui sapeva stare lì da sempre e
cominciò a pregare, con gli occhi pieni di lacrime:
"Dio, Tu hai fatto
cose meravigliose per me in questa vita.
Tu mi ha detto di fare
molte cose ed io l’ho fatto.
Oggi, Tu mi dici di
perdonare… Io sono triste, Dio, perché non posso.
Non è giusto.
Io non meritavo che
questi mi offendessero: quelli hanno agito contro di me ed io non posso perdonare,
questa è l’unica cosa che io non posso fare, perché io non so perdonare. La mia
rabbia è, Signore, così profonda, che io penso che io non possa più sentire Te,
però… io Ti prego: insegnami a fare questa cosa che io non posso fare.
Insegnami a perdonare."
Come lui stava là
inginocchiato nell'ombra quieta di quel vecchio albero di quercia , sentì
qualcosa che gli cadde sopra la spalla. Aprì gli occhi. Con la coda dell’occhio
vide qualcosa di rosso sulla sua camicia.
Lui non poteva girarsi
per vedere che cosa fosse, allora alzò la sua testa e vide due piedi trattenuti
al legno con un grande chiodo che li trafiggeva.
Guardò più in alto e vide
chiodi anche alle sue mani: era Gesù che pendeva sulla croce. Lui riguardò
ancora le ferite nelle Sue mani, una ferita nel Suo fianco, un corpo
lacerato e battuto dalle frustate, profonde spine gli trafiggevano la testa.
Alla fine… vide la
sofferenza e il profondo dolore sulla Sua faccia splendente.
Come allora i loro occhi si incontrarono…
Gesù cominciò a parlare.
"Ha detto mai
una bugia, Lui chiese?
L’uomo rispose: -Sì,
Signore!"
Hai fatto sempre del bene
al prossimo?
L’uomo rispose:- No,
Signore.!"
"Hai mai
rubato?"
L’uomo rispose: -Sì,
Signore!"
"Hai mai giurato, e
usato invano il nome di mio Padre?
L'uomo, tra le lacrime,
rispose "Sì, Signore!"
E Gesù continuava a
domandargli se avesse fatto questo e quello e all’uomo non rimaneva che
rispondere sempre… "Sì, Signore!"
Poi Gesù girò la testa da
un lato all'altro, verso quel qualcosa che era caduto sulla camicia di quell’uomo.
Era una goccia del Sangue
di Gesù.
Quando lui guardò di
nuovo in alto, i suoi occhi incontrarono quelli dolci di Gesù:
c'era uno sguardo di
amore che gli uomini non avevano visto mai o che non avevano mai conosciuto
prima.
Disse
Gesù: "Io non meritavo questo, ma ti perdono!"
Ti amo ...da morire
il tuo GesùUn giorno Gesù e il diavolo conversavano; ad un certo punto, Gesù chiese:
-Cosa stai facendo con le persone sulla terra?
Il diavolo rispose: -Mi sto divertendo con loro, insegno loro a fare bombe,ad uccidere, a usare le armi, a odiarsi l’un l’altro, ad abusare dell’infanzia; insegno ai giovani ad usare droghe, a bere, a mentire e a fare ogni cosa proibita. Mi sto divertendo tanto!
Gesù: - E dopo, cosa farai con loro?
- Dopo la farò finita con tutti, li ucciderò!
Gesù allora chiese: - Quanto vuoi per loro?
Il diavolo gli rispose: -Perché amare queste persone? Sono traditrici, bugiarde, false, egoiste e avide! Loro non ti ameranno mai veramente, bestemmieranno contro di te e sputeranno sul tuo volto, ti disprezzeranno e non ti terranno in nessuna considerazione!
-Quanto vuoi per loro, diavolo?
-Voglio tutte le tue lacrime e tutto il tuo sangue
…e Gesù pagò il prezzo della nostra libertà.
L’opale
Due
amici, visitano una gioielleria, dopo aver visto dei diamanti e pietre
preziose, l'uno dei due, mostra all'altro una strana pietra senza luce - Io non
vedo alcuna bellezza in questa pietra -! Il suo amico, la prende nella mano e
la tiene al caldo qualche minuto, riscaldandola col suo calore. Quando la
mostra, con sorpresa, tutta la superficie risplende dei colori dell'arcobaleno.
Com'è possibile questo? - Questa è un "opale" - essa, ha bisogno del
calore della mano, per sprigionare tutta la sua bellezza. Ci sono nel mondo,
tanti esseri perduti, imprigionati, che non attendano che il contatto di una
mano, per poter tornare a brillare. Che sicurezza
sapere che due mani si sono stese e sono state inchiodate per noi, a
dimostrarci il grande amore del Padre.
Le mani
di Dio sono sopra tutti coloro
che cercano il Suo nome.
Nel Suo
abbraccio e nel Suo calore
la tua
vita brillerà come le stelle del cielo sempiterno.
(Daniele 12:3)LUI ...ed io
In un tardo pomeriggio mentre passeggiavo lungo la riva di un
lago, mi chiedevo perché erravo così solo nella vita. La tinta madre
perlacea dell'acqua si stendeva fino ai piedi delle scuri montagne annebbiate
dal controluce. Ma quella scena così naturale rendeva solo più amara
la mia disperazione...
Dove stavo dunque andando? Perchè ero in vita? A cosa
serviva quel bel paesaggio, se non riusciva a calmare la tristezza del mio
cuore?
Poi vidi il sole come un disco di fuoco vicino alle montagne,
un immenso raggio rosa scorreva sull'acqua calma; io ero lì fermo e osservavo.
Quel raggio giungeva a me da così lontano... e mi toccava. Feci alcuni passi a
sinistra... e mi seguì; andai un pò a destra... mi seguì pure. Un
effetto ottico? Può darsi! Ma, poteva anche essere una rivelazione del
grande Creatore "l'Altissimo", che è pari al fuoco consumante, ma che
in Cristo si è velato d'umanità per farsi conoscere da me, a noi! Il suo amore
è come un "Raggio", quasi un incredibile miracolo che può
attraversare, gli abissi del nostro peccato e dell'orgoglio. Lasciati toccare,
non sottrarti a tanto amore! Riconosci che in questo momento Egli t'è vicino!
La sua luce ti apre una nuova speranza di vita che non sarà mai più solitaria .
Il saluto
Un prete diceva una sera
al sacrestano della sua chiesa: "Hai notato quel vecchio mal vestito che,
ogni giorno verso mezzogiorno, entra in chiesa e ne esce quasi subito? Lo sto
sorvegliando dalla finestra del presbiterio. Questo mi preoccupa un po', perché
nella chiesa ci sono oggetti di valore. Vedi di interrogarlo".
A partire dal giorno
seguente il sacrestano attese il nostro visitatore e l'abbordò: Amico, che cosa
le prende di venire ogni giorno a quest'ora in chiesa?", "Vengo a
pregare", disse con calma l'uomo anziano.
"Andiamo, non ci
rimane abbastanza a lungo per pregare. Non fa altro che andare fino
all'altare e poi torna indietro.."
"E' vero - rispose
il povero vecchio- io non so fare una preghiera lunga; allora vengo ogni giorno
e gli dico semplicemente:<<Ciao, Gesù... sono Simone..>>, è una
preghiera breve, ma sento che Egli mi ascolta".
Poco tempo dopo il
vecchio Simone fu investito da un autocarro e curato all'ospedale. "lei ha
sempre un'aria felice, nonostante le sue disgrazie…"- gli disse un giorno
un'infermiera.
- Come non lo dovrei
essere? Lei deve sapere… è a causa del mio visitatore..
- Il suo visitatore?-
riprese l'infermiera stupita- Non ne vedo mai. E quando viene?
- Tutti i giorni a
mezzogiorno, rimane qui ai piedi del mio letto e mi dice "Ciao, Simone...sono
Gesù!"
Avvicinatevi a Dio ed
egli si avvicinerà a voi..
Ecco
io sto alla porta e busso;
se
qualcuno ascolta la mia voce e apre la porta,
io
entrerò e cenerò con lui ed egli con me.
(Giacomo 4:8;
Apocalisse 3:20)
Un equivoco
Un uomo su un aereo di linea stava
leggendo pacificamente il suo Nuovo Testamento tascabile.
Un uomo seduto a fianco a lui lo
osservava e alla fine gli disse:
"Io non sono molto religioso, anzi ...
non vedo il senso di credere in
un Cristo che per giunta è morto 2000 anni fa."
"Cosa? rispose meravigliatissimo...
"Cristo-morto? Non può essere!
Pensa che ci stavo parlando proprio alcuni minuti fa!"
Due sassolini
Nel letto di un fiume due sassolini brillavano
baciati dai raggi del sole. Erano splendidi, di un azzurro delicatissimo,
trasparenti e allo stesso tempo profondi. L’acqua del fiume scorrendo li
accarezzava dolcemente, levigandone le superficie. I due sassolini erano
ammirati dagli altri sassi che, di varie forme, dimensioni e colori, pure
giacevano nel fiume. I sassolini si guardavano l’un l’altro e si compiacevano
vicendevolmente per la loro bellezza e, spesso si ritrovavano a fantasticare su
che ruolo avrebbero ricoperto un giorno, quando l’uomo li avrebbe ripescati dal
fiume. Forse sarebbero stati adoperati per adornare la corona di una regina, o
l’anello di un re; sicuramente e senza alcun dubbio, sarebbero stati destinati
a qualcosa di prezioso… Passò del tempo e arrivò il giorno in cui anch’essi
vennero ripescati con l’altra ghiaia per poter essere usati. I sassolini erano emozionantissimi,
non vedevano l’ora di scoprire in quale nobile modo sarebbero stati impiegati.
Quale grande delusione fu la loro quando insieme
ad altri si ritrovarono cementati e posti su di un muro!
I due sassolini non potevano credere di aver fatto
una fine tanto ingloriosa, non potevano proprio accettare quello stato di cose tanto
misero ed umiliante. Trovando la cosa ingiusta, inaccettabile, di comune
accordo, iniziarono a muoversi un po’ di qua e un po’ di là, all’inizio fu difficile
ma, alla fine, con un piccolo movimento quotidiano riuscirono a liberarsi dal
cemento che li teneva prigionieri e finalmente liberi caddero giù dal muro e si
riprovarono a terra.
Quale grande sorpresa fu la loro quando guardarono
il muro che avevano appena abbandonato!
Su quel muro c’era uno splendido mosaico
raffigurante il Volto di Gesù e, solo allora si resero conto del sublime compito
che essi inconsapevolmente ricoprivano, loro era infatti l’onore di essere i
dolci, delicati, trasparenti e profondi occhi di Nostro Signore Gesù Cristo che
con il suo amorevole sguardo è capace di toccare il cuore di ogni Sua creatura.
Ognuno di noi ha un posto da ricoprire nel Disegno del
Creatore, il più piccolo
ed umile sarà prezioso ed insostituibile agli occhi del Signore, ogni giorno con la nostra
vita ci è data la Grazia di partecipare al Suo Progetto.
Tempesta in alto mare
Una sera in una chiesa , il sacerdote prima di predicare
volle introdurre il suo ospite alla assemblea dicendo che l’ospite era un
suo carissimo vecchio amico, che lo conosceva fin da quando era giovane, e ora
gli dava l’opportunità di dire qualcosa. Il vecchio si fece avanti sul pulpito
e cominciò a dire: "Un giorno, un padre insieme al suo giovane figlio e un
amico del suo figlio, si misero in una grossa barca per navigare nella costa
del mare pacifico; quando si avvidero che una brutta e grande tempesta andava
contro di loro e che bloccava loro di ritornare alla riva. Le onde erano tanto
alte che il vecchio pur essendo abbastanza esperto del mare, non riusciva a
mantenere la barca in piedi, talché una forte onda arrivata sulla barca si
portò via nel mare tutti e tre le persone, e inclinò la barca, ma il padre era
riuscito ad acchiapparsi al rotolo della corda di salvezza. A questo punto il
vecchio fa una pausa di pochi secondi, mentre con gli occhi guardava in faccia
a due giovani seduti nei primi banchi della chiesa, cui parevano interessati
del racconto. Poi disse: Quel padre che era aggrappato alla corda, aveva solo
pochi secondi per fare la più grande decisione della sua vita, che consisteva a
chi doveva tirare il resto della corda di salvezza, a suo figlio, oppure
all’amico di suo figlio. Or sapendo egli, che suo figlio era un salvato
per grazia che apparteneva a Cristo; e sapendo pure che l’amico di suo figlio
non conosceva Gesù Cristo, nell’agonia della decisione e sotto un torrente di
onde maree, gridò al figlio dicendo: "figlio mio quanto ti voglio
bene; arrivederci", e gli dette l’Addio; mentre tirò la corda di salvezza
al suo amico che non conosceva Cristo, e questi due riuscirono a scampare la
morte, mentre, il figlio di quel padre spari nel buio sotto le onde della
tempesta. Poi il vecchio aggiunse: Quel padre sapeva che suo figlio sarebbe
finito con Cristo nella gioia della vita eterna, ma non poteva portare con sé
il pensiero che l’amico di suo figlio sarebbe finito nel regno delle tenebre,
lontano da Cristo. Perciò sacrificò il figlio, per salvare il suo amico. Poi concluse dicendo
all’assemblea: "Se qualcuno vi tira la corda della salvezza afferratela,
affinché scampiate dalla morte eterna"; e se ne andò a sedere, mentre un
profondo silenzio aveva riempito la chiesa. Il sacerdote poi, andò sul pulpito
predicò il suo messaggio, e alla fine chiuse la funzione. I due giovani a loro
volta si avvicinarono al vecchio e gli dissero: "La storia che hai raccontata è
stupenda, ma noi non crediamo che sia vera e realistica; per un padre di dare
alla morte il suo proprio figlio per la speranza di salvare l’amico dalla
morte". Il vecchio, mirando la sua vecchia Bibbia che aveva in mano,
rispose: "Voi avete espresso il vostro punto di vista", poi disse
loro: "Dite voi che non è mica una storia vera?" A me invece mi fa capire
quanto sia stato penoso per il Padre celeste, di dare suo Figlio alla morte per
salvare me peccatore. Oltre a ciò vi dico, che io sono quel padre che
lasciai mio figlio nelle mani della morte, e il vostro Parroco è quell’amico di
mio figlio…
La Madonna col Bambino
Gesù fra le braccia, aveva deciso di scendere in Terra per visitare un monastero. Orgogliosi, tutti i monaci si misero in una lunga fila, presentandosi ciascuno davanti alla Vergine per renderle omaggio.
Uno
declamò alcune poesie, un altro le mostrò le miniature che aveva preparato per
la Bibbia e un terzo recitò i nomi d tutti i santi.
E
così via, un monaco dopo l'altro, tutti resero omaggio alla Madonna e al
Bambino.
All'
ultimo posto della fila ne rimase uno, il monaco più umile del convento, che non
aveva mai studiato i sacri testi dell'epoca.
I
suoi genitori erano persone semplici, che lavoravano in un vecchio circo dei
dintorni, e gli avevano insegnato soltanto a far volteggiare le palline in
aria.
Quando
giunse il suo turno, gli altri monaci volevano concludere l'omaggio perchè il
povero acrobata non aveva nulla d importante da dire e avrebbe potuto sminuire
l'immagine del convento.
Ma
anche lui, nel profondo del proprio cuore, sentiva un bisogno immenso di
offrire qualcosa a Gesù e alla Vergine.
Pieno
d vergogna, sentendosi oggetto degli sguardi di riprovazione dei confratelli,
tirò fuori dalla tasca alcune arance e cominciò a farle volteggiare: perchè era
l'unica cosa che egli sapesse fare.
Fu
solo in quell'istante che Gesù Bambino sorrise e cominciò a battere le mani in
braccio alla Madonna. E fu verso quel monaco che la Vergine tese le braccia,
lasciandogli tenere per un po’ il Bambinello.
Una collana di perle
Una bimba di 5 anni al mercato con la mamma vede
una collana di perle.
"Me la compri mamma, me la compri?"
La madre rispose: "Dovrai fare lavoretti in
casa, ti pagherò e quando avrai abbastanza dollari la comprerai."
Ha lavorato e aspettato con ansia, e grande fu la sua gioia
di avere quella collana di perle. La madre la avverti di non bagnarla altrimenti
avrebbe cambiato colore.
La bambina aveva un padre amorevole e ogni sera abbandonava
tutto per leggere una storiella mentre lei andava a letto a dormire.
Una notte dopo avere letto la storia chiese alla bambina,
"Mi ami?" "Sì papa’, tu lo sai che ti amo!"
"Allora dammi la tua collana di perle, "
"No papa’ non le perle, prenditi il cavallo
con la coda rosa che mi hai regalato tu, è il mio favorito."
"Non ti preoccupare tesoro, papà ti ama,
buonanotte." E le diede un bacio.
Una settimana dopo il papà dopo aver letto la storia richiede
alla bambina. "Mi ami?" "Sì papà, tu lo sai che ti amo!"
"Allora dammi la tua collana di perle, "
"No papà. le perle no, ma ti puoi prendere la
mia bambola che ho ricevuta come regalo per il mio compleanno, con tutti i vestiti."
"Non importa, dormi bene, Dio ti benedica piccolina.
Papà ti ama." E la lasciò con un bacio.
Alcune notti dopo, quando suo padre entrò trovò la
bambina seduta sul letto; suo padre notò che tremava e una lacrima scorreva sul
suo viso.
"Cosa c’è? Perché piangi?"
La bambina non disse nulla, alzò la sua manina verso suo
padre. Quando l’aprì c’era una collana di perle, e finalmente disse,
" Tieni papà, è per te."
Con lacrime che si preparavano negli occhi, il padre
prese la collana di perle false con una mano, mentre con l'altra tirò
fuori dalla tasca una collana di perle vere per darle alla sua bambina.
L’aveva lì da tanto tempo, aspettava che lei gli desse le
perle false che tanto amava prima di darle le perle vere.
Così è Gesù il nostro Padre Celeste, aspetta che ci
liberiamo dalle cose cui siamo attaccati nella vita, per darci un tesoro ancora
più prezioso.
Nella
capanna del presepe
Era il 27 dicembre e subito dopo la santa messa la gente si
scambiava gli auguri del Natale appena passato.
Salutandosi e abbracciandosi calorosamente, tra una chiacchiera e
l’altra, a gruppetti se ne stavano sulle gradinate dell’ingresso della chiesa
oppure nella piazza adiacente.
Una piccola folla, circa venti persone in tutto, si era anche riunita di fronte al presepe allestito dalla parrocchia e con stupore e disappunto commentava quanto poteva ammirare.
Ovviamente, i commenti della gente non si riferivano solamente al presepe in sé, una composizione semplice e tradizionale che da svariati anni veniva riproposta, pressoché immutata, in occasione delle festività natalizie.
Una capanna in paglia e bambù al centro e svariate sagome di carton-gesso sistemate al suo interno oppure sparpagliate tutt’attorno.
All’esterno se ne stavano quindi una mezza dozzina di pastori, alcuni in piedi con il volto rivolto alla capanna, altri intenti a seguire il gregge di pecore finte di che pascolava attorno immerse nella rada vegetazione.
Una piccola folla, circa venti persone in tutto, si era anche riunita di fronte al presepe allestito dalla parrocchia e con stupore e disappunto commentava quanto poteva ammirare.
Ovviamente, i commenti della gente non si riferivano solamente al presepe in sé, una composizione semplice e tradizionale che da svariati anni veniva riproposta, pressoché immutata, in occasione delle festività natalizie.
Una capanna in paglia e bambù al centro e svariate sagome di carton-gesso sistemate al suo interno oppure sparpagliate tutt’attorno.
All’esterno se ne stavano quindi una mezza dozzina di pastori, alcuni in piedi con il volto rivolto alla capanna, altri intenti a seguire il gregge di pecore finte di che pascolava attorno immerse nella rada vegetazione.
Dirimpetto alla costruzione di bambù, in mistica contemplazione, i
tre re magi nelle loro vesti esotiche dai colori sgargianti.
Mentre a terra, di fronte ai tre, i doni che portavano
facevano bella mostra di sé sul selciato e sul finto terreno creato per
l’occasione.
Ma era a ciò che stava all’interno della capanna che la gente di Trebaseleghe indirizzava i propri commenti.
E critiche, soprattutto.
Non tanto per la resa dell’asinello e del bue, animali ricostruiti con discreta fedeltà e dall’aria innocua e sonnacchiosa.
E nemmeno per le sagome di San Giuseppe o della Madonna, due figure semplici e dal volto gioioso in sobrie vesti dai colori tenui: azzurro e marrone per il patrono dei lavoratori, mentre una tunica rosa e bianca definiva la beata Vergine Maria.
Neppure criticavano la resa del bambin Gesù, un frugoletto tutto rosa con le braccia protese in avanti in un gesto di apertura e dono al mondo.
Niente di tutto ciò.
La gente non aveva nulla da obbiettare sulla resa scenica del presepe, tuttavia era irritata per l’uomo che dormiva nel capanno.
Gli abiti trasandati, la barba incolta e i capelli lunghi: non c’erano dubbi che si trattasse di un vagabondo.
“Che indecenza!”
“Qualcuno dovrebbe svegliarlo e dirgli di andarsene a dormire altrove!”
“Ma come gli è venuto in mente di mettersi a dormire lì dentro?”
Per un poco i paesani rimasero a confabulare tra di loro mentre l’altro ronfava pacificamente ignaro delle loro disapprovazione.
Poi, quando l’indignazione raggiunse il limite del tollerabile, due uomini scavalcarono le transenne e raggiunsero il bell’addormentato.
Ma era a ciò che stava all’interno della capanna che la gente di Trebaseleghe indirizzava i propri commenti.
E critiche, soprattutto.
Non tanto per la resa dell’asinello e del bue, animali ricostruiti con discreta fedeltà e dall’aria innocua e sonnacchiosa.
E nemmeno per le sagome di San Giuseppe o della Madonna, due figure semplici e dal volto gioioso in sobrie vesti dai colori tenui: azzurro e marrone per il patrono dei lavoratori, mentre una tunica rosa e bianca definiva la beata Vergine Maria.
Neppure criticavano la resa del bambin Gesù, un frugoletto tutto rosa con le braccia protese in avanti in un gesto di apertura e dono al mondo.
Niente di tutto ciò.
La gente non aveva nulla da obbiettare sulla resa scenica del presepe, tuttavia era irritata per l’uomo che dormiva nel capanno.
Gli abiti trasandati, la barba incolta e i capelli lunghi: non c’erano dubbi che si trattasse di un vagabondo.
“Che indecenza!”
“Qualcuno dovrebbe svegliarlo e dirgli di andarsene a dormire altrove!”
“Ma come gli è venuto in mente di mettersi a dormire lì dentro?”
Per un poco i paesani rimasero a confabulare tra di loro mentre l’altro ronfava pacificamente ignaro delle loro disapprovazione.
Poi, quando l’indignazione raggiunse il limite del tollerabile, due uomini scavalcarono le transenne e raggiunsero il bell’addormentato.
Con uno scossone, ma cercando di essere delicati, lo
chiamarono.
Subito l’uomo aprì gli occhi; istintivamente si mosse per evitare il contatto dei due, temendo volessero aggredirlo o derubarlo di quel poco che aveva.
Immobile e un po’ spaventato per il brusco risveglio li osservava cercando di capire cosa volessero da lui.
Dopotutto, lo sapeva bene, non stava facendo nulla di male.
“Scusaci, non volevamo spaventarti” iniziò uno dei due, un tizio sulla quarantina e con un accenno di barba sul mento “…però non va bene che tu dorma qui dentro…”
Il vagabondo continuava ad osservarli in silenzio.
“…se potessi andare da un’altra parte sarebbe meglio, sai?”
“Questa notte faceva freddo…” cominciò a giustificarsi il barbone, un uomo sulla cinquantina dall’aspetto trascurato e dall’espressione triste di chi ha perso tutto ormai.
“Lo so, lo so…però in ogni caso è un presepe questo, non un ricovero per vagabondi!”
“Ma…non sto facendo niente di male…” rispose lui dopo essersi schiarito la voce con un paio di colpi di tosse.
“Tranquillo, ho capito cosa vuoi dire” disse il primo uomo lanciando uno sguardo di disapprovazione al suo compagno “e di certo non siamo qui per punirti o multarti. Semplicemente vorremmo che te ne andassi da qui e che alla notte non dormissi dentro a questa capanna. Dopotutto è un presepe e c’è molta gente che si ferma ad osservarlo…non è il caso quindi che veda…”
“Me?” suggerì l’altro.
“Esatto. Per cui alzati subito e…”
“Non occorre essere così sgarbati…però ecco“ nuovamente la voce del primo uomo a mediare tra il vagabondo e il suo secondo “ quel che vuol dire Antonio è che se puoi andartene da qui sarebbe meglio per tutti. È Natale dopotutto e nessuno vuole litigare.”
“Ho capito, ho capito…datemi un attimo…raccolgo le mie cose e me ne vado…però…”
“Cosa?” l’irritazione di Antonio era più che manifesta nel tono della sua voce, un tizio schietto e con evidente propensione all’aggressività nonostante i fisico minuto e asciutto.
“Beh…la notte fa freddo…e io non ho di dove andare…per cui…”
“Potevi pensarci prima di ridurti così”
Il vagabondo abbassò lo sguardo.
Umiliato.
Si rigirò il cappello tra le mani e poi se lo mise in testa.
“Hai ragione…ma il passato non lo posso cambiare”.
Subito l’uomo aprì gli occhi; istintivamente si mosse per evitare il contatto dei due, temendo volessero aggredirlo o derubarlo di quel poco che aveva.
Immobile e un po’ spaventato per il brusco risveglio li osservava cercando di capire cosa volessero da lui.
Dopotutto, lo sapeva bene, non stava facendo nulla di male.
“Scusaci, non volevamo spaventarti” iniziò uno dei due, un tizio sulla quarantina e con un accenno di barba sul mento “…però non va bene che tu dorma qui dentro…”
Il vagabondo continuava ad osservarli in silenzio.
“…se potessi andare da un’altra parte sarebbe meglio, sai?”
“Questa notte faceva freddo…” cominciò a giustificarsi il barbone, un uomo sulla cinquantina dall’aspetto trascurato e dall’espressione triste di chi ha perso tutto ormai.
“Lo so, lo so…però in ogni caso è un presepe questo, non un ricovero per vagabondi!”
“Ma…non sto facendo niente di male…” rispose lui dopo essersi schiarito la voce con un paio di colpi di tosse.
“Tranquillo, ho capito cosa vuoi dire” disse il primo uomo lanciando uno sguardo di disapprovazione al suo compagno “e di certo non siamo qui per punirti o multarti. Semplicemente vorremmo che te ne andassi da qui e che alla notte non dormissi dentro a questa capanna. Dopotutto è un presepe e c’è molta gente che si ferma ad osservarlo…non è il caso quindi che veda…”
“Me?” suggerì l’altro.
“Esatto. Per cui alzati subito e…”
“Non occorre essere così sgarbati…però ecco“ nuovamente la voce del primo uomo a mediare tra il vagabondo e il suo secondo “ quel che vuol dire Antonio è che se puoi andartene da qui sarebbe meglio per tutti. È Natale dopotutto e nessuno vuole litigare.”
“Ho capito, ho capito…datemi un attimo…raccolgo le mie cose e me ne vado…però…”
“Cosa?” l’irritazione di Antonio era più che manifesta nel tono della sua voce, un tizio schietto e con evidente propensione all’aggressività nonostante i fisico minuto e asciutto.
“Beh…la notte fa freddo…e io non ho di dove andare…per cui…”
“Potevi pensarci prima di ridurti così”
Il vagabondo abbassò lo sguardo.
Umiliato.
Si rigirò il cappello tra le mani e poi se lo mise in testa.
“Hai ragione…ma il passato non lo posso cambiare”.
“Se sei diventato un vagabondo di certo non è per colpa mia o di
chissà chi.
Potevi pensarci prima e impegnarti un po’ di più e combinare
qualcosa nella vita.”
L’altro ammutolì e lo fissò con i suoi occhi grigi. Probabilmente voleva dirgliene quattro, fargli capire che non aveva il diritto, nessun diritto, di trattarlo così.
Ma si trattenne.
Non l’avrebbe avuta vinta con quel tipo.
Il fatto che fosse un periodo di festa e che da poco fosse passato Natale non aveva certamente reso il suo cuore più docile e aperto al prossimo.
Per un poco rimasero in silenzio.
Vicino a loro, sulla sinistra, le sagome della sacra famiglia e del piccolo Gesù venuto al mondo per salvare tutta l’umanità, per diffondere un messaggio di pace e amore universale.
Ma, forse, quel messaggio ancora non era stato ben recepito.
L’altro ammutolì e lo fissò con i suoi occhi grigi. Probabilmente voleva dirgliene quattro, fargli capire che non aveva il diritto, nessun diritto, di trattarlo così.
Ma si trattenne.
Non l’avrebbe avuta vinta con quel tipo.
Il fatto che fosse un periodo di festa e che da poco fosse passato Natale non aveva certamente reso il suo cuore più docile e aperto al prossimo.
Per un poco rimasero in silenzio.
Vicino a loro, sulla sinistra, le sagome della sacra famiglia e del piccolo Gesù venuto al mondo per salvare tutta l’umanità, per diffondere un messaggio di pace e amore universale.
Ma, forse, quel messaggio ancora non era stato ben recepito.
Nemmeno da chi si professava cristiano e se ne stava di fronte al
presepe e non vedeva nient’altro che un intruso laddove non avrebbe dovuto
esserci niente.
Né una sagoma di cartone, né alcunché a sbilanciare l’equilibrio
della composizione.
“Basta basta, stiamo offrendo uno spettacolo indecente” nuovamente il primo uomo che ora iniziava a dare segni di disagio “è meglio per tutti se ora ti alzi e ti allontani dal presepe…”
“Già…” sottolineò Antonio.
“Ho capito” il vagabondo si era arreso.
Raccattò le proprie cose, un fagotto e dei giornali che aveva usato per coprirsi un poco, e uscì dal capanno.
Solo in quel momento si accorse che tutti li stavano guardando, una ventina circa di persone che non aspettavano altro che averla vinta su quel povero derelitto umano.
Osservò i volti di quella gente per un istante appena ma non vi lesse granchè in termini di compassione o disponibilità verso il prossimo.
Anzi, i loro sguardi lasciavano intuire che sarebbe stato meglio per tutti se si levava dai piedi il prima possibile.
Questo lo amareggiò oltremodo.
Prima di andarsene il vagabondo tossì e si volse nuovamente ai due uomini che, sulla soglia del capanno, lo stavano osservando mentre si allontanava.
“Basta basta, stiamo offrendo uno spettacolo indecente” nuovamente il primo uomo che ora iniziava a dare segni di disagio “è meglio per tutti se ora ti alzi e ti allontani dal presepe…”
“Già…” sottolineò Antonio.
“Ho capito” il vagabondo si era arreso.
Raccattò le proprie cose, un fagotto e dei giornali che aveva usato per coprirsi un poco, e uscì dal capanno.
Solo in quel momento si accorse che tutti li stavano guardando, una ventina circa di persone che non aspettavano altro che averla vinta su quel povero derelitto umano.
Osservò i volti di quella gente per un istante appena ma non vi lesse granchè in termini di compassione o disponibilità verso il prossimo.
Anzi, i loro sguardi lasciavano intuire che sarebbe stato meglio per tutti se si levava dai piedi il prima possibile.
Questo lo amareggiò oltremodo.
Prima di andarsene il vagabondo tossì e si volse nuovamente ai due uomini che, sulla soglia del capanno, lo stavano osservando mentre si allontanava.
“Magari un piccolo compromesso lo si potrebbe anche fare…”
“È meglio di no…al massimo…chiedi in parrocchia: un aiuto i preti forse te lo possono anche dare…”
“Ho capito” l’uomo era ormai rassegnato “…tolgo il disturbo allora…”
“Buon Natale a tutti!” augurò mentre se ne andava dalla piazza e a attraversava la strada in direzione del cinema locale situato a circa quindici metri in linea d’aria.
Qualcuno rispose al suo augurio, qualcun altro nemmeno lo considerò.
“È meglio di no…al massimo…chiedi in parrocchia: un aiuto i preti forse te lo possono anche dare…”
“Ho capito” l’uomo era ormai rassegnato “…tolgo il disturbo allora…”
“Buon Natale a tutti!” augurò mentre se ne andava dalla piazza e a attraversava la strada in direzione del cinema locale situato a circa quindici metri in linea d’aria.
Qualcuno rispose al suo augurio, qualcun altro nemmeno lo considerò.
“Non c’è più religione…” commentò più d’uno “…dormire in un
presepe…ma come si fa?”
Scuotendo il capo, lo osservarono attraversare la piazza.
Poi, visto che quell’uomo se n’era finalmente andato tutti potevano nuovamente tornare a contemplare quel semplice presepe, l’immagine del miracolo divino che era alla base della loro fede e del Natale appena passato.
Qualche istante appena, il sollievo di aver ristabilito l’ordine, e quindi il chiacchiericcio tipico della gente che discute del più e del meno, che accenna a questo o a quell’altro regalo ricevuto o a come trascorrere le feste.
Dall’altro lato della strada, nei pressi di una delle cabine telefoniche che stavano sull’ampio marciapiede vicino al cinema di Trebaseleghe, il vagabondo sedeva pensieroso. Sparpagliate a terra stavano le sue cose.
Osservava la piccola folla e i suoi occhi, antichi come il tempo, di un colore grigio opaco, apparivano infinitamente tristi.
Aveva sperato che le cose andassero diversamente, che qualcuno gli offrisse ospitalità, un aiuto, qualche moneta…
Si trovava dentro ad un presepe dopotutto, vicino all’effige di suo Figlio, vicino a quel simbolo di amore universale che sperava l’umanità avesse imparato a praticare.
E invece niente.
“Che ti aspettavi?” gli chiese un uomo di bell’aspetto che, spuntato chissà da dove, se ne stava in piedi al suo fianco.
Indossava un lungo soprabito in pelle scura sopra abiti costosi ed eleganti. Aveva i capelli pettinati all’indietro, un bel viso e una barba appena accennata; armeggiava con l’accendino per accendersi una sigaretta.
Finalmente la accese e sbuffò fuori il fumo con calma.
“Speravi che ti accogliessero a braccia aperte? Che ti invitassero a pranzare a casa di uno di loro? Che ti offrissero ospitalità?”
Il vagabondo si volse nella sua direzione, lo osservò per un istante e poi, come se quelle domande non lo riguardassero più di tanto, tornò a guardare in direzione della piazza.
Era profondamente deluso.
“Ripeti questo gioco ogni Natale…e per cosa? Solo per constatare quanto aumenti, di anno in anno, il loro egoismo?”
L’uomo indicò quelli che stavano nei pressi del presepe, ora aumentati in numero per via delle persone che, appena uscite dalla chiesa, si erano spostate ad ammirare la rappresentazione della sacra famiglia e della nascita di Gesù.
“Guardali. In apparenza sono tutti rilassati, gioiosi, felici direi…Sanno che è Natale, che si deve essere tutti più buoni…però…non appena trovano un barbone che dorme dove non dovrebbe…eh…” si interruppe un istante per espirare fuori il fumo “…lo cacciano via senza pensarci due volte.”
Scuotendo il capo, lo osservarono attraversare la piazza.
Poi, visto che quell’uomo se n’era finalmente andato tutti potevano nuovamente tornare a contemplare quel semplice presepe, l’immagine del miracolo divino che era alla base della loro fede e del Natale appena passato.
Qualche istante appena, il sollievo di aver ristabilito l’ordine, e quindi il chiacchiericcio tipico della gente che discute del più e del meno, che accenna a questo o a quell’altro regalo ricevuto o a come trascorrere le feste.
Dall’altro lato della strada, nei pressi di una delle cabine telefoniche che stavano sull’ampio marciapiede vicino al cinema di Trebaseleghe, il vagabondo sedeva pensieroso. Sparpagliate a terra stavano le sue cose.
Osservava la piccola folla e i suoi occhi, antichi come il tempo, di un colore grigio opaco, apparivano infinitamente tristi.
Aveva sperato che le cose andassero diversamente, che qualcuno gli offrisse ospitalità, un aiuto, qualche moneta…
Si trovava dentro ad un presepe dopotutto, vicino all’effige di suo Figlio, vicino a quel simbolo di amore universale che sperava l’umanità avesse imparato a praticare.
E invece niente.
“Che ti aspettavi?” gli chiese un uomo di bell’aspetto che, spuntato chissà da dove, se ne stava in piedi al suo fianco.
Indossava un lungo soprabito in pelle scura sopra abiti costosi ed eleganti. Aveva i capelli pettinati all’indietro, un bel viso e una barba appena accennata; armeggiava con l’accendino per accendersi una sigaretta.
Finalmente la accese e sbuffò fuori il fumo con calma.
“Speravi che ti accogliessero a braccia aperte? Che ti invitassero a pranzare a casa di uno di loro? Che ti offrissero ospitalità?”
Il vagabondo si volse nella sua direzione, lo osservò per un istante e poi, come se quelle domande non lo riguardassero più di tanto, tornò a guardare in direzione della piazza.
Era profondamente deluso.
“Ripeti questo gioco ogni Natale…e per cosa? Solo per constatare quanto aumenti, di anno in anno, il loro egoismo?”
L’uomo indicò quelli che stavano nei pressi del presepe, ora aumentati in numero per via delle persone che, appena uscite dalla chiesa, si erano spostate ad ammirare la rappresentazione della sacra famiglia e della nascita di Gesù.
“Guardali. In apparenza sono tutti rilassati, gioiosi, felici direi…Sanno che è Natale, che si deve essere tutti più buoni…però…non appena trovano un barbone che dorme dove non dovrebbe…eh…” si interruppe un istante per espirare fuori il fumo “…lo cacciano via senza pensarci due volte.”
Il vagabondo si alzò in piedi mentre continuava ad ascoltarlo.
“Uomini. Egoisti come al solito, ipocriti e ottusi. Dimmi un po’, visto che li hai creati a tua immagine e somiglianza, come mai sono venuti fuori così irriconoscenti verso il loro creatore?”
“Basta Lu, non ho voglia di discutere di queste cose. Lo sai come sono fatto: continuerò a cercarli. Per sempre…”
“Inutilmente. E lo sai”.
“Cosa ne sai tu?”
“Io lo so eccome. E poi li conosco molto bene. Guardali: non è servito a niente parlare a loro né tanto meno inviare tuo Figlio al martirio. Sono così chiusi in se stessi, incapaci di comprendere la grandezza del tuo operato. Sono creature meschine, che non meritano il tuo amore, la tua pazienza. Non l’hai ancora capito che non ti vogliono?”
“E tu non c’entri nulla, vero? Non sei forse tu che ti adoperi così tanto per tentarli e per allontanarli da me?”
Lucifero sorrise.
Si aspettava quell’obiezione.
“Io do loro solo una spinta, gli mostro ciò che possono desiderare e avere…e loro cedono e seguono la strada che li allontana a te. E questo non dimostra ancor di più che non ti sono fedeli minimamente? Che non ti sono riconoscenti? Che non ti cercano più? Questa gente è capace di ignorare persino i bambini o le ragazze incinte che chiedono l’elemosina agli angoli delle strade!”
“Basta! Questi discorsi non mi piacciono affatto. Lo sai: io li amo. Incondizionatamente. Così come ho sempre amato tutte le creature che ho generato. Tutte allo stesso modo.”
“Non è vero!” a quell’affermazione l’uomo si scaldò subito, gettò a terra la sigaretta e prese a ribattere concitatamente.
“A loro hai concesso molto più che a noi angeli! Li prediligi a tutto il resto! E questo non è giusto! Non è giusto, mi hai sentito? Loro, loro non meritano nulla. Nulla! Forse ancora non te ne rendi conto ma io te lo farò capire prima o poi! E allora realizzerai quanto è stolto il tuo amore per loro! Anche ora ne hai la prova: nessuno di loro ti ha offerto aiuto. Nessuno! Neanche una parola di compassione! Non ti hanno nemmeno riconosciuto! E tu, tu persino ti lasci trattare come un pezzente! Dannazione! Non hai nemmeno fatto niente per cambiare questo loro modo di agire. Sono egoisti, e ciechi e incapaci…”
“Ho concesso loro la libertà. Per questo non ho influenzato il loro volere” rivelò l’Onnipotente.
Lucifero prima si zittì e poi rise sonoramente.
“Cosa c’è da ridere?” chiese Dio che quel giorno vestiva i panni di un semplice barbone dagli occhi stanchi.
“Hai concesso loro una libertà che li allontana da te e lo stesso pretendi che ti cerchino? Non li conosci proprio…non ti cercheranno mai più…ancora non hai capito di che pasta sono fatti questi inutili esseri umani?”
“Uomini. Egoisti come al solito, ipocriti e ottusi. Dimmi un po’, visto che li hai creati a tua immagine e somiglianza, come mai sono venuti fuori così irriconoscenti verso il loro creatore?”
“Basta Lu, non ho voglia di discutere di queste cose. Lo sai come sono fatto: continuerò a cercarli. Per sempre…”
“Inutilmente. E lo sai”.
“Cosa ne sai tu?”
“Io lo so eccome. E poi li conosco molto bene. Guardali: non è servito a niente parlare a loro né tanto meno inviare tuo Figlio al martirio. Sono così chiusi in se stessi, incapaci di comprendere la grandezza del tuo operato. Sono creature meschine, che non meritano il tuo amore, la tua pazienza. Non l’hai ancora capito che non ti vogliono?”
“E tu non c’entri nulla, vero? Non sei forse tu che ti adoperi così tanto per tentarli e per allontanarli da me?”
Lucifero sorrise.
Si aspettava quell’obiezione.
“Io do loro solo una spinta, gli mostro ciò che possono desiderare e avere…e loro cedono e seguono la strada che li allontana a te. E questo non dimostra ancor di più che non ti sono fedeli minimamente? Che non ti sono riconoscenti? Che non ti cercano più? Questa gente è capace di ignorare persino i bambini o le ragazze incinte che chiedono l’elemosina agli angoli delle strade!”
“Basta! Questi discorsi non mi piacciono affatto. Lo sai: io li amo. Incondizionatamente. Così come ho sempre amato tutte le creature che ho generato. Tutte allo stesso modo.”
“Non è vero!” a quell’affermazione l’uomo si scaldò subito, gettò a terra la sigaretta e prese a ribattere concitatamente.
“A loro hai concesso molto più che a noi angeli! Li prediligi a tutto il resto! E questo non è giusto! Non è giusto, mi hai sentito? Loro, loro non meritano nulla. Nulla! Forse ancora non te ne rendi conto ma io te lo farò capire prima o poi! E allora realizzerai quanto è stolto il tuo amore per loro! Anche ora ne hai la prova: nessuno di loro ti ha offerto aiuto. Nessuno! Neanche una parola di compassione! Non ti hanno nemmeno riconosciuto! E tu, tu persino ti lasci trattare come un pezzente! Dannazione! Non hai nemmeno fatto niente per cambiare questo loro modo di agire. Sono egoisti, e ciechi e incapaci…”
“Ho concesso loro la libertà. Per questo non ho influenzato il loro volere” rivelò l’Onnipotente.
Lucifero prima si zittì e poi rise sonoramente.
“Cosa c’è da ridere?” chiese Dio che quel giorno vestiva i panni di un semplice barbone dagli occhi stanchi.
“Hai concesso loro una libertà che li allontana da te e lo stesso pretendi che ti cerchino? Non li conosci proprio…non ti cercheranno mai più…ancora non hai capito di che pasta sono fatti questi inutili esseri umani?”
“Signore?”
Una voce estranea, pura, interruppe i discorsi dei due eterni antagonisti.
Entrambi si voltarono verso la bimba che aveva attirato la loro attenzione distogliendoli dalla loro eterna diatriba.
Era una bimba dai capelli castano scuro, minuta, con grandi occhiali a nascondere due profondi occhi azzurri. Poco più in là le sue giovani amiche stavano mangiando delle paste o delle pizzette calde. Probabilmente le avevano appena comperate in una delle pasticcerie che stavano ai lati della piazza del paese.
E anche la bimba che si era rivolta al barbone aveva qualcosa in mano: un trancio di pizza margherita ancora caldo e fumante.
“Dimmi, Anna” le rispose il vagabondo, sorridendole e accovacciandosi di fronte a lei.
“Come fai a conoscere il mio nome?” chiese stupita la bambina.
L’altro sorrideva e una luce calma e rassicurante irradiava dal suo volto.
“Oh, beh…io so molte cose…”
La bimba non parve molto convinta ma ugualmente cercò di portare avanti i suoi propositi nei confronti di quell’uomo povero e solo.
“Uhm…sai…prima ti ho visto dentro al presepe…e…ecco…pensavo che potessi avere fame…”
“Sbrigati Anna” la chiamarono le sue amichette mentre, alle spalle del vecchio, l’altro uomo appariva visibilmente innervosito da quel che stava accadendo.
“Arrivo” promise la bimba mentre armeggiava per spezzare il trancio di pizza che teneva in mano.
Ne porse un pezzo al vagabondo.
“Tieni. Mamma dice che si deve sempre aiutare chi sta peggio di noi…spero ti piaccia la pizza…”
L’uomo era commosso e osservava con espressione gioiosa il dono a lui concesso da quella bimba.
“Ora devo andare, però. Stammi bene signore!”
In un attimo raggiunse le sue amichette mentre Dio rimaneva ad osservarla: era raggiante.
Mangiò la pizza più buona che avesse mai assaggiato, non tanto per l’abilità del cuoco che l’aveva sfornata ma per l’affetto ed il calore che Anna gli aveva offerto.
Poi si volse verso Lucifero e, sorridendo, gli chiese: “Hai visto? C’è sempre speranza!”
“Cosa c’è di così straordinario! È solo una stupida mocciosa! Una, una soltanto! Perché ti commuovi tanto, vecchio stupido?”
Era visibilmente alterato e incapace di tollerare oltre quella situazione.
Per questo si girò e se ne andò camminando spedito.
Una voce estranea, pura, interruppe i discorsi dei due eterni antagonisti.
Entrambi si voltarono verso la bimba che aveva attirato la loro attenzione distogliendoli dalla loro eterna diatriba.
Era una bimba dai capelli castano scuro, minuta, con grandi occhiali a nascondere due profondi occhi azzurri. Poco più in là le sue giovani amiche stavano mangiando delle paste o delle pizzette calde. Probabilmente le avevano appena comperate in una delle pasticcerie che stavano ai lati della piazza del paese.
E anche la bimba che si era rivolta al barbone aveva qualcosa in mano: un trancio di pizza margherita ancora caldo e fumante.
“Dimmi, Anna” le rispose il vagabondo, sorridendole e accovacciandosi di fronte a lei.
“Come fai a conoscere il mio nome?” chiese stupita la bambina.
L’altro sorrideva e una luce calma e rassicurante irradiava dal suo volto.
“Oh, beh…io so molte cose…”
La bimba non parve molto convinta ma ugualmente cercò di portare avanti i suoi propositi nei confronti di quell’uomo povero e solo.
“Uhm…sai…prima ti ho visto dentro al presepe…e…ecco…pensavo che potessi avere fame…”
“Sbrigati Anna” la chiamarono le sue amichette mentre, alle spalle del vecchio, l’altro uomo appariva visibilmente innervosito da quel che stava accadendo.
“Arrivo” promise la bimba mentre armeggiava per spezzare il trancio di pizza che teneva in mano.
Ne porse un pezzo al vagabondo.
“Tieni. Mamma dice che si deve sempre aiutare chi sta peggio di noi…spero ti piaccia la pizza…”
L’uomo era commosso e osservava con espressione gioiosa il dono a lui concesso da quella bimba.
“Ora devo andare, però. Stammi bene signore!”
In un attimo raggiunse le sue amichette mentre Dio rimaneva ad osservarla: era raggiante.
Mangiò la pizza più buona che avesse mai assaggiato, non tanto per l’abilità del cuoco che l’aveva sfornata ma per l’affetto ed il calore che Anna gli aveva offerto.
Poi si volse verso Lucifero e, sorridendo, gli chiese: “Hai visto? C’è sempre speranza!”
“Cosa c’è di così straordinario! È solo una stupida mocciosa! Una, una soltanto! Perché ti commuovi tanto, vecchio stupido?”
Era visibilmente alterato e incapace di tollerare oltre quella situazione.
Per questo si girò e se ne andò camminando spedito.
“Non finisce qui! Ci rivedremo!” minacciò rabbioso.
Pochi passi dopo il diavolo in persona urtava una coppia di neo sposi che camminavano appaiati.
“Levatevi di mezzo voi!”
I due si spostarono e, perplessi, si chiesero che cosa avesse quel tizio da arrabbiarsi tanto.
Al che il barbone che incontrarono giusto qualche metro più avanti rispose d’istinto: “Oh, lasciatelo perdere: è fatto così. È un po’ irritabile di suo, un po’ ribelle direi. Ma, in fondo…”
Per un attimo si interruppe e sospirò mentre osservava quel suo figliol prodigo allontanarsi irrequieto e poi scomparire.
“…ma in fondo è un bravo ragazzo. Io lo conosco bene”
I due non compresero molto bene ma non diedero peso alla cosa. Avevano altro a cui pensare. Poco dopo attraversarono la strada e quindi la piazza.
Uno sguardo appena al presepe allestito dalla parrocchia e poi proseguirono fino all’auto parcheggiata poco più avanti.
Quando salirono osservarono al di là della piazza ma del barbone non c’era più traccia.
Pochi passi dopo il diavolo in persona urtava una coppia di neo sposi che camminavano appaiati.
“Levatevi di mezzo voi!”
I due si spostarono e, perplessi, si chiesero che cosa avesse quel tizio da arrabbiarsi tanto.
Al che il barbone che incontrarono giusto qualche metro più avanti rispose d’istinto: “Oh, lasciatelo perdere: è fatto così. È un po’ irritabile di suo, un po’ ribelle direi. Ma, in fondo…”
Per un attimo si interruppe e sospirò mentre osservava quel suo figliol prodigo allontanarsi irrequieto e poi scomparire.
“…ma in fondo è un bravo ragazzo. Io lo conosco bene”
I due non compresero molto bene ma non diedero peso alla cosa. Avevano altro a cui pensare. Poco dopo attraversarono la strada e quindi la piazza.
Uno sguardo appena al presepe allestito dalla parrocchia e poi proseguirono fino all’auto parcheggiata poco più avanti.
Quando salirono osservarono al di là della piazza ma del barbone non c’era più traccia.
La leggenda del Pettirosso ( di Selma
Lagerlof)
Era in quel tempo, quando Nostro Signore creò il mondo, quando creò
non soltanto il cielo e la terra, ma anche tutti gli animali e le piante, e in
pari tempo distribuì i nomi. Esistono molte storie di quel tempo, e
se si sapessero tutte avremmo anche la spiegazione di tutte le cose
del mondo che ora non si possono comprendere.
Fu allora che un giorno, mentre Nostro Signore stava a sedere in
Paradiso a dipingere gli uccelli, venne a mancare il colore sulla tavolozza,
così che il picchio sarebbe rimasto senza colore se Egli non avesse ripulito
tutti i pennelli sulle sue penne.
E fu allora che l'asino acquistò le sue orecchie lunghe, perché non
si ricordava il nome che aveva ricevuto. Lo dimenticò appena ebbe fatto alcuni
passi sui prati del Paradiso e tornò indietro tre volte a domandare come
si chiamava, finché Nostro Signore s'impazientì un pochino e prendendolo per le
orecchie disse: « Il tuo nome è asino, asino, asino ».
E nel dirlo gli allungò le orecchie perché gli venisse l'udito
migliore e ricordasse quello che gli si diceva.
Fu nello stesso giorno che l'ape fu punita. Perché appena fu creata
incominciò a raccogliere miele, e gli animali e gli uomini, che si accorsero
del dolce profumo del miele, vennero ad assaggiarlo. Ma l'ape voleva conservare
tutto per sé e con le sue punture velenose scacciava tutti quelli che si
avvicinavano all'alveare. Nostro Signore vide e chiamò a sé l'ape e la punì.
« Io ti ho dato la facoltà di raccogliere il miele che è ciò che la
creazione ha di più dolce, » disse Nostro Signore « ma non per questo ti ho
dato il diritto d'essere cattiva col tuo prossimo.
E ora ricordati: ogni volta che pungerai qualcuno che vorrà
assaggiare il tuo miele, tu morrai! »
Già, fu allora che il grillo divenne cieco e la formica perse le
sue ali; accaddero tante cose straordinarie in quel giorno.
Nostro Signore, grande e mite, era seduto tutto il giorno a creare
e a formare, e verso sera gli venne in mente di creare un piccolo uccello
grigio.
« Ricordati che il tuo nome è pettirosso! » disse Nostro Signore
all'uccello quando fu pronto. Lo depose sulla palma della sua mano e lo fece
volare.
Ma dopo che l'uccello ebbe fatto un piccolo volo ed ebbe ammirato
la bella terra sulla quale doveva vivere, gli venne voglia di mirarsi. Allora
vide che era tutto grigio, il petto come tutto il resto. Il pettirosso si voltò
e rivoltò rispecchiandosi nell'acqua, ma non poté scoprire neppure una penna
rossa.
E così l' uccello rivolò da Nostro Signore.
Egli, grande e mite, era a sedere, e dalle sue mani uscivano
farfalle che svolazzavano intorno alla sua testa, piccioni garrivano sulle sue
spalle, e dalla terra intorno a lui sorgevano rose, gigli e pratoline.
Il cuore dell'uccellino batteva per il timore, ma iscrivendo leggeri giri volava sempre più vicino a Nostro Signore e finalmente si lasciò
cadere sulla sua mano.
Così Nostro Signore gli domandò quello che desiderava.
« Io voglio soltanto chiederti una cosa » disse l'uccellino.
« Cos'è che desideri sapere? » disse , Nostro Signore.
« Perché debbo chiamarmi pettirosso, mentre sono tutto grigio dalla
punta del becco sino alla coda? Perché mi chiamo pettirosso quando non posseggo
neppure una penna rossa? »
E l'uccello con i suoi occhietti neri lo guardò implorando e voltò
la testolina. Da per tutto, attorno, vide fagiani tutti rossi sotto un leggero
pulviscolo d'oro, pappagalli con ricchi collari rossi, galli con creste rosse,
senza parlare delle farfalle, dei pesciolini rossi e delle rose. E naturalmente
pensò che occorreva così poco, una sola goccia di colore rosso sul suo petto,
per farlo diventare un bell'uccello, a cui il suo nome sarebbe stato adatto.
« Perché debbo chiamarmi pettirosso, se son tutto grigio? » domandò
di nuovo l'uccello, e aspettò che Nostro Signore gli dicesse:
"Ah, amico mio, vedo che ho dimenticato di dipingere in
rosso le penne del tuo petto, ma aspetta solamente un momento e sarà
fatto".
Ma Egli sorrise soltanto e disse: « Ti ho chiamato
pettirosso, e pettirosso ti chiamerai, ma cercati da te il mezzo di meritarti
le tue penne rosse ».
E così Nostro Signore alzò la mano e lasciò che l'uccello rivolasse
per il mondo.
L'uccello volò in Paradiso con molti pensieri. Che cosa poteva fare
un uccellino come lui per procurarsi delle penne rosse?
L'unica cosa che gli venisse in mente fu di fabbricarsi il nido in
mezzo ai prunai. Egli s'annidò fra le spine nel folto della macchia. Pareva
stesse aspettando che una foglia di rosa gli si attaccasse al petto e gli desse
il suo colore.
Un numero infinito d'anni erano trascorsi da quel giorno che fu il
più bello sulla terra. D'allora in poi gli animali e gli uomini avevano
abbandonato il Paradiso e si erano sparsi sulla terra. E gli uomini erano
giunti al punto d'imparare a lavorare la terra e a navigare sul mare, si erano
fatti abiti e utensili; da molto tempo avevano già imparato a fabbricare grandi
templi e città potenti, come Tebe, Roma e Gerusalemme.
Spuntò un giorno nuovo che non doveva esser mai più
dimenticato nella storia del mondo e all'alba di quel giorno il pettirosso era
posato su un piccolo colle nudo fuori le mura di Gerusalemme e cantava per i
suoi piccini che si trovavano nel piccolo nido in mezzo ai bassi cespugli di
spine.
L'uccello raccontava ai suoi nati il giorno meraviglioso
della creazione e la distribuzione dei nomi: così aveva raccontato ogni
pettirosso dal primo in poi, che aveva udito la parola di Dio ed era uscito
dalla Sua mano.
« E ora vedete, » concluse tristemente il pettirosso « tanti anni
sono passati, tante rose sono sbocciate, tanti piccoli uccelli sono sgusciati
dalle uova dal giorno della creazione in poi, che non c'è nessuno capace di
contarli, ma il pettirosso è ancora un uccellino grigio. Ancora non è riuscito
a conquistarsi le penne rosse. ». I piccini spalancarono i piccoli becchi e
domandarono se gli antenati non avevano cercato di compiere qualche grande
opera per conquistare il prezioso colore.
« Abbiamo fatto tutto quello che abbiamo potuto, » disse
l'uccellino « ma siamo stati tutti sfortunati. Già il primo pettirosso, una
volta, incontrò un altro uccello che gli rassomigliava completamente, e subito
si mise ad amarlo con un amore così violento da sentirsi arroventare il petto.
Ah, pensò allora, adesso comprendo. Nostro Signore vuole che io ami con tale
ardore, che le penne del mio petto abbiano a tingersi di rosso per il caldo
d'amore che ho nel cuore. Ma egli s'ingannava, così come si sono ingannati
tutti gli altri dopo di lui e come c'inganneremo anche noi. »
I piccini cinguettarono tristemente, incominciavano già ad affliggersi
perché la tinta rossa non avrebbe adornato i loro piccoli petti coperti di
peluria.
« Abbiamo anche sperato nel nostro canto » disse l'uccello vecchio
parlando con toni prolungati. « Già il primo pettirosso cantava così; il petto
dall'entusiasmo gli si gonfiava, ed egli ritornava a sperare. Ah, pensava, la
fiamma del canto che ho nell'anima, tingerà di rosso le penne del mio petto. Ma
s’ingannava, come si sono ingannati tutti gli altri dopo di lui, come
c'inganneremo anche noi. »
Si sentì di nuovo un triste cinguettio uscir dalle gole mezze nude
dei piccini.
« Abbiamo anche sperato nel nostro coraggio e valore » disse
l'uccello.
« Già il primo pettirosso si batté valorosamente con gli altri
uccelli e il suo petto s'infiammò dal piacere di combattere. Ah, pensò, le
penne del mio petto si tingeranno di rosso per la gioia della lotta che arde
nel mio cuore. Ma s'ingannò, come si sono ingannati dopo di lui tutti gli
altri, come c'inganneremo anche noi. »
I piccini
cinguettarono coraggiosamente che volevano ancora tentare di conquistare il
premio tanto ambito, ma l'uccello rispose tristemente che era impossibile.
Che cosa potevano sperare quando tanti antenati così bravi non erano riusciti a
raggiungere la meta? Potevano fare di più che amare, cantare e lottare? Che
cosa potevano...
L'uccello si fermò in mezzo
alla frase, perché da una delle porte di Gerusalemme usciva una gran quantità
di gente e tutta la folla si dirigeva verso il colle dove l'uccello aveva il
suo nido.
C'erano dei cavalieri su destrieri superbi, servi con lunghe lance,
assistenti del boia con chiodi e martelli, v’erano sacerdoti
dall’incedere dignitoso, e giudici, donne piangenti, e davanti a tutti
una massa di popolo che correva selvaggiamente, un accompagnamento orrendo,
ululante di vagabondi.
L'uccellino tremando stava sull'orlo del suo nido.
Temeva ad ogni istante che il piccolo cespuglio di spine venisse
calpestato e i suoi piccini rimanessero uccisi.
« State in guardia, » gridò ai piccini inermi « state tutti vicini
e state zitti! Ecco un cavallo che viene proprio su di noi! Ecco un guerriero
coi sandali ferrati! Ecco tutta la folla selvaggia! »
Ad un tratto l'uccello smise di gettare i suoi gridi d'allarme e
tacque. Dimenticò quasi il pericolo sovrastante.
Improvvisamente saltò giù nel nido, e allargò le ali sopra ai
piccini.
« No, è troppo tremendo » disse.
« Io non voglio che voi vediate. Sono tre malfattori che
vengono crocifissi. »
E allargò le ali affinché i piccini nulla potessero vedere. Udirono
soltanto dei colpi di martello rimbombanti, grida di dolore e gli urli selvaggi
della folla.
Il pettirosso seguì tutto lo spettacolo con gli occhi che si
dilatavano dal terrore. Non poteva allontanare gli sguardi dai tre infelici.
« Come gli uomini sono crudeli! » disse l'uccello dopo un momento «
non si accontentano d'inchiodare quei poveretti sulle croci, no, sulla testa di
uno hanno anche posto una corona di spine. Io vedo che le spine hanno ferito la
sua fronte così da fare scorrere il sangue » continuò. « E quell'uomo è così
bello e si guarda attorno con sguardi così dolci che ognuno deve sentire
d'amarlo. Mi pare che una freccia mi stia trafiggendo il cuore nel vederlo
soffrire. »
Il piccolo uccello sentiva crescere la sua compassione per
l'incoronato di spine.
« Se io fossi mia sorella l'aquila, » pensò « strapperei i chiodi
dalle sue mani e con i miei forti artigli scaccerei tutti coloro che lo fanno
soffrire.»
Egli vide il sangue gocciolare sulla fronte del
Crocifisso e non poté stare fermo nel suo nido.
« Benché non sia che piccolo e debole, pure
debbo poter fare qualche cosa per questo povero martoriato » pensò l’uccello: e
allargò le ali e volò via per l’aria, descrivendo larghi giri intorno al
Crocifisso.
Gli volò intorno parecchie volte senza ardire
d’avvicinarsi, perché era un uccellino timido, che non aveva mai osato
avvicinarsi ad un uomo. Ma un po’ per volta si fece coraggio, volò molto vicino
e col becco tolse una spina che si era piantata nella fronte del Crocifisso.
In quel momento una goccia di sangue del
Crocifisso cadde sul petto dell’uccello. Si allargò rapidamente, colò giù e
tinse tutte le penne delicate del petto. Ma il Crocifisso aperse le labbra e
sussurrò all’uccello: « Per la tua pietà ora avrai quello
che la tua razza ha desiderato sempre da quando fu creato il mondo ».
Poco dopo, quando l’uccello ritornò al suo nido,
i piccini gridarono: « Il tuo petto è rosso, le penne del tuo petto sono
più rosse delle rose! »
« Non è che una goccia di sangue della fronte di quel pover’uomo »
disse l’uccello. «Scomparirà, appena farò il bagno in un ruscello o in una
limpida sorgente. »
Ma quando l’uccellino fece il bagno la macchia rossa non scomparve
dal suo petto, e quando i suoi piccini divennero grandi, la tinta rossa
splendeva anche sulle penne dei loro petti, come d’allora in poi splende sul petto
e sulla gola di ogni pettirosso.
Racconto di Natale (di Dino Buzzati)
Tetro e ogivale è l'antico palazzo dei vescovi, stillante salnitro
dai muri, rimanerci è un supplizio nelle notti d'inverno.
E l'adiacente cattedrale è immensa, a girarla tutta non basta una
vita, e c'è un tale intrico di cappelle e sacrestie che, dopo secoli di
abbandono, ne sono rimaste alcune pressoché inesplorate.
Che farà la sera di Natale - ci si domanda – lo scarno arcivescovo
tutto solo, mentre la città è in festa? Come potrà vincere la malinconia?
Tutti hanno una consolazione: il bimbo ha il treno e Pinocchio, la
sorellina ha la bambola, la mamma ha i figli intorno a sé, il malato una nuova
speranza, il vecchio scapolo il compagno di dissipazioni, il carcerato la voce
di un altro dalla cella vicina.
Come farà l'arcivescovo?
Sorrideva lo zelante don Valentino, segretario di sua eccellenza,
udendo la gente parlare così.
L'arcivescovo ha Dio, la sera di Natale.
Inginocchiato solo soletto nel mezzo della cattedrale gelida e
deserta a prima vista potrebbe quasi far pena, e invece se si sapesse!
Solo soletto non è, non ha neanche freddo, né si sente abbandonato.
Nella sera di Natale Dio dilaga nel tempio, per l'arcivescovo, le
navate ne rigurgitano letteralmente, al punto che le porte stentano a
chiudersi; e, pur mancando le stufe, fa così caldo che le vecchie bisce bianche
si risvegliano nei sepolcri degli storici abati e salgono dagli sfiatatoi dei
sotterranei sporgendo gentilmente la testa dalle balaustre dei confessionali.
Così, quella sera il Duomo; traboccante di Dio.
Così, quella sera il Duomo; traboccante di Dio.
E benché sapesse che non gli competeva, don Valentino si tratteneva
perfino troppo volentieri a disporre l'inginocchiatoio del presule.
Altro che alberi, tacchini e vino spumante.
Questa, una serata di Natale.
Sennonché in mezzo a questi pensieri, udì battere a una porta.
"Chi bussa alle porte del Duomo" si chiese don Valentino
"la sera di Natale? Non hanno ancora pregato abbastanza? Che smania li ha
presi?"
Pur dicendosi così andò ad aprire e con una folata di vento entrò
un poverello in cenci.
"Che quantità di Dio! " esclamò sorridendo costui guardandosi intorno
"Che quantità di Dio! " esclamò sorridendo costui guardandosi intorno
- "Che bellezza! Lo si sente perfino di fuori. Monsignore, non
me ne potrebbe lasciare un pochino? Pensi, è la sera di Natale. "
"E' di sua eccellenza l'arcivescovo" rispose il prete. "Serve a lui, fra un paio d'ore. Sua eccellenza fa già la vita di un santo, non pretenderai mica che adesso rinunci anche a Dio! E poi io non sono mai stato monsignore."
"Neanche un pochino, reverendo? Ce n'è tanto! Sua eccellenza non se ne accorgerebbe nemmeno!"
"Ti ho detto di no... Puoi andare... Il Duomo è chiuso al pubblico" e congedò il poverello con un biglietto da cinque lire.
Ma come il disgraziato uscì dalla chiesa, nello stesso istante Dio disparve.
"E' di sua eccellenza l'arcivescovo" rispose il prete. "Serve a lui, fra un paio d'ore. Sua eccellenza fa già la vita di un santo, non pretenderai mica che adesso rinunci anche a Dio! E poi io non sono mai stato monsignore."
"Neanche un pochino, reverendo? Ce n'è tanto! Sua eccellenza non se ne accorgerebbe nemmeno!"
"Ti ho detto di no... Puoi andare... Il Duomo è chiuso al pubblico" e congedò il poverello con un biglietto da cinque lire.
Ma come il disgraziato uscì dalla chiesa, nello stesso istante Dio disparve.
Sgomento, don Valentino si guardava intorno, scrutando le volte
tenebrose:
Dio non c'era neppure lassù.
Lo spettacoloso apparato di colonne, statue, baldacchini, altari,
catafalchi, candelabri, panneggi, di solito così misterioso e potente, era
diventato all'improvviso inospitale e sinistro.
E tra un paio d'ore l'arcivescovo sarebbe disceso.
Con orgasmo don Valentino socchiuse una delle porte esterne, guardò nella piazza.
Con orgasmo don Valentino socchiuse una delle porte esterne, guardò nella piazza.
Niente. Anche fuori, benché fosse Natale, non c'era traccia
di Dio.
Dalle mille finestre accese giungevano echi di risate, bicchieri
infranti, musiche e perfino bestemmie. Non campane, non canti.
Don Valentino uscì nella notte, se n'andò per le strade profane, tra fragore di scatenati banchetti. Lui però sapeva l'indirizzo giusto. Quando entrò nella casa, la famiglia amica stava sedendosi a tavola. Tutti si guardavano benevolmente l'un l'altro e intorno ad essi c'era un poco di Dio.
"Buon Natale, reverendo" disse il capofamiglia. "Vuol favorire?"
"Ho fretta, amici" rispose lui. "Per una mia sbadataggine Iddio ha abbandonato il Duomo e sua eccellenza tra poco va a pregare. Non mi potete dare il vostro? Tanto, voi siete in compagnia, non ne avete un assoluto bisogno."
"Caro il mio don Valentino" fece il capofamiglia. "Lei dimentica, direi, che oggi è Natale. Proprio oggi i miei figli dovrebbero far a meno di Dio? Mi meraviglio, don Valentino."
E nell'attimo stesso che l'uomo diceva così Iddio sgusciò fuori dalla stanza, i sorrisi giocondi si spensero e il cappone arrosto sembrò sabbia tra i denti.
Via di nuovo allora, nella notte, lungo le strade deserte.
Don Valentino uscì nella notte, se n'andò per le strade profane, tra fragore di scatenati banchetti. Lui però sapeva l'indirizzo giusto. Quando entrò nella casa, la famiglia amica stava sedendosi a tavola. Tutti si guardavano benevolmente l'un l'altro e intorno ad essi c'era un poco di Dio.
"Buon Natale, reverendo" disse il capofamiglia. "Vuol favorire?"
"Ho fretta, amici" rispose lui. "Per una mia sbadataggine Iddio ha abbandonato il Duomo e sua eccellenza tra poco va a pregare. Non mi potete dare il vostro? Tanto, voi siete in compagnia, non ne avete un assoluto bisogno."
"Caro il mio don Valentino" fece il capofamiglia. "Lei dimentica, direi, che oggi è Natale. Proprio oggi i miei figli dovrebbero far a meno di Dio? Mi meraviglio, don Valentino."
E nell'attimo stesso che l'uomo diceva così Iddio sgusciò fuori dalla stanza, i sorrisi giocondi si spensero e il cappone arrosto sembrò sabbia tra i denti.
Via di nuovo allora, nella notte, lungo le strade deserte.
Cammina cammina, don Valentino infine lo rivide.
Era giunto alle porte della città e dinanzi a lui si stendeva nel
buio, biancheggiando un poco per la neve, la grande campagna.
Sopra i prati e i filari di gelsi, ondeggiava Dio, come aspettando.
Don Valentino cadde in ginocchio.
"Ma che cosa fa, reverendo?" gli domandò un contadino. "Vuoi prendersi un malanno con questo freddo?"
"Guarda laggiù figliolo. Non vedi?"
Il contadino guardò senza stupore. "È nostro" disse. "Ogni Natale viene a benedire i nostri campi."
" Senti " disse il prete. "Non me ne potresti dare un poco? In città siamo rimasti senza, perfino le chiese sono vuote. Lasciamene un pochino che l'arcivescovo possa almeno fare un Natale decente."
"Ma neanche per idea, caro il mio reverendo! Chi sa che schifosi peccati avete fatto nella vostra città. Colpa vostra. Arrangiatevi."
"Si è peccato, sicuro. E chi non pecca? Ma puoi salvare molte anime figliolo, solo che tu mi dica di sì."
"Ne ho abbastanza di salvare la mia!" ridacchiò il contadino, e nell'attimo stesso che lo diceva, Iddio si sollevò dai suoi campi e scomparve nel buio.
Andò ancora più lontano, cercando.
"Ma che cosa fa, reverendo?" gli domandò un contadino. "Vuoi prendersi un malanno con questo freddo?"
"Guarda laggiù figliolo. Non vedi?"
Il contadino guardò senza stupore. "È nostro" disse. "Ogni Natale viene a benedire i nostri campi."
" Senti " disse il prete. "Non me ne potresti dare un poco? In città siamo rimasti senza, perfino le chiese sono vuote. Lasciamene un pochino che l'arcivescovo possa almeno fare un Natale decente."
"Ma neanche per idea, caro il mio reverendo! Chi sa che schifosi peccati avete fatto nella vostra città. Colpa vostra. Arrangiatevi."
"Si è peccato, sicuro. E chi non pecca? Ma puoi salvare molte anime figliolo, solo che tu mi dica di sì."
"Ne ho abbastanza di salvare la mia!" ridacchiò il contadino, e nell'attimo stesso che lo diceva, Iddio si sollevò dai suoi campi e scomparve nel buio.
Andò ancora più lontano, cercando.
Dio pareva farsi sempre più raro e chi ne possedeva un poco non
voleva cederlo (ma nell'atto stesso che lui rispondeva di no, Dio scompariva,
allontanandosi progressivamente).
Ecco quindi don Valentino ai limiti di una vastissima landa, e in fondo,
proprio all'orizzonte, risplendeva dolcemente Dio come una nube oblunga. Il
pretino si gettò in ginocchio nella neve. "Aspettami, o Signore "
supplicava "per colpa mia l'arcivescovo è rimasto solo, e stasera è
Natale!"
Aveva i piedi gelati, si incamminò nella nebbia, affondava fino al ginocchio, ogni tanto stramazzava lungo disteso.
Aveva i piedi gelati, si incamminò nella nebbia, affondava fino al ginocchio, ogni tanto stramazzava lungo disteso.
Quanto avrebbe resistito?
Finché udì un coro disteso e patetico, voci d'angelo, un raggio di
luce filtrava nella nebbia.
Aprì una porticina di legno: era una grandissima chiesa e nel
mezzo, tra pochi lumini, un prete stava pregando.
E la chiesa era piena di paradiso.
"Fratello" gemette don Valentino, al limite delle forze, irto di ghiaccioli "abbi pietà di me. Il mio arcivescovo per colpa mia è rimasto solo e ha bisogno di Dio. Dammene un poco, ti prego."
Lentamente si voltò colui che stava pregando.
"Fratello" gemette don Valentino, al limite delle forze, irto di ghiaccioli "abbi pietà di me. Il mio arcivescovo per colpa mia è rimasto solo e ha bisogno di Dio. Dammene un poco, ti prego."
Lentamente si voltò colui che stava pregando.
E don Valentino, riconoscendolo, si fece, se era possibile, ancora
più pallido.
"Buon Natale a te, don Valentino" esclamò l'arcivescovo facendosi incontro, tutto recinto di Dio.
"Buon Natale a te, don Valentino" esclamò l'arcivescovo facendosi incontro, tutto recinto di Dio.
"Benedetto ragazzo, ma dove ti eri cacciato?
Si può sapere che cosa sei andato a cercar fuori in questa notte da
lupi?"
Gli uccelli d’argilla
… Gesù si trovava in riva al lago e con Lui c’era Tommaso, intorno
una moltitudine di gente.
Gesù si chinò e iniziò a plasmare con l’argilla del greto dodici
piccoli uccellini, uno per ogni apostolo, rivolto a Tommaso disse:
- Adesso guarda che cosa faccio, lancio questa rete sopra gli
uccellini perché non possano fuggire, casomai non prestassimo la dovuta
attenzione.
-Vuoi forse dirmi che se questa rete viene sollevata, gli uccelli
voleranno via? - domandò incredulo Tommaso.
-Sì, se la rete viene alzata, gli uccelli volano via.
- Ed è la prova con cui vorresti convincermi?
- Come sì e no?
- La miglior prova, ma quella non dipende da me, sarebbe che tu non
sollevassi la rete e credessi che gli uccelli volerebbero via se tu la alzassi.
-Sono fatti di argilla…
-…e tu discendi da lui. Ad Adamo, Dio gli diede la vita.
Non dubitare oltre, Tommaso, e solleva la rete, io sono il Figlio
di Dio.
- L’hai voluto tu, ecco, questo uccelli non voleranno!- con mossa
rapida Tommaso alzò la rete e gli uccelli, liberi, spiccarono il volo,
cinguettando volteggiarono per due volte sopra la folla meravigliata e poi
scomparvero nello spazio.
Disse Gesù:
- Guarda, Tommaso, il tuo uccello se n’è andato…
E Tommaso rispose:
- No, Signore, è qui inginocchiato ai tuoi piedi, sono io.
La madre di San Pietro
La madre di San Pietro
Poi che
San Pietro ebbe lasciato la terra ed ebbe raggiunto le sfere celesti, si diede
a cercare la madre sua.
Cerca e
cerca, ma la madre sua non c'è.
Angosciato si presenta al Signore.
- Perché, - dice- perché mia madre non è qui?
La madre di San Pietro era stata una donna avara e bisbetica.
Gelosa del bene altrui, non aveva mai avuto un pensiero buono
per il prossimo suo.
Ma per il figlio era stata tutto amore, e il Santo non poteva
persuadersi di non trovarla nella gloria di lassù.
Il Signore ebbe pietà di tanto dolore. Chiamò un Angelo, e gli comandò
di scendere all'inferno e di risalire con la madre del Santo.
Poi condusse il figlio in un luogo da cui si poteva vedere quanto
avveniva nel regno delle tenebre.
Ed ecco l'Angelo, con le ali aperte, scendere negli abissi.
Anime di dannati giacevano in stagni d'acqua oscura, altri
s'arrampicavano su per le rocce in una disperata aspirazione di luce.
Alla vista dell'Angelo, milioni d'anime si protesero verso di lui:
-Prendimi, prendimi con te!
Il mandato dal cielo tagliò l'aria come una freccia e fu presso
colei che doveva prendere; la strinse a sé, risalì.
Ma altre anime si erano avvinghiate alla vecchia e salivano con
lei.
L'Angelo, per nulla affaticato, saliva, saliva.
Ma la madre di San Pietro cominciò a respingere quelle anime: le
afferrava per le mani e le ricacciava giù.
Il figlio la guardava terrorizzato.
Avrebbe voluto gridare:
- No, mamma, non farlo; abbi pietà di loro, abbi pietà di te -; ma
non poteva.
Un nodo gli serrava la gola.
Il volo dell'Angelo si faceva sempre più pesante.
Quando l'ultima delle anime fu ricacciata giù, anche la vecchia
ricadde nel profondo.
Come se fosse diventata troppo pesante, l'Angelo non resse più, e
risalì tristemente solo.
San Pietro, con la testa fra le mani, piange.
Ma, pur soverchiato dall'affanno, comprende la giustizia del
Signore.
Nessuno, nemmeno un Angelo che scenda per noi negli abissi, può
salvarci da noi stessi, dal nostro egoismo.
Occorre che l'uomo, finché è in vita, provveda alla
propria redenzione con l'Amore verso il prossimo: tutto il prossimo
.
Dio e’ Amore.
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