SANTISSIMO
CORPO E SANGUE DI CRISTO (ANNO A)
domenica
18 giugno 2017
Oggi
festeggiamo il sacramento dell’Eucaristia che il Signore ci ha
lasciato come segno della sua presenza, della sua realtà corporale,
del suo sacrificio sulla croce e della vita eterna di cui ci ha reso
partecipi. Gesù ce ne parla in termini di corpo e di cibo. La realtà
del dono del Padre alla nostra umanità si esprime, dall’inizio
alla fine, sotto forma di corpo. Si tratta dapprima della realtà
carnale del corpo fatto di carne e sangue, che soffre e muore sulla
croce. È questo corpo ferito che risorge e che Gesù dà da vedere e
da toccare agli apostoli. Ma Gesù non si ferma qui. Suo corpo è
anche la Chiesa (Col 1,18), corpo mistico di cui Cristo è la testa.
Ed è infine questo corpo sacramentale che nutre coloro che lo
mangiano: “Prendete e mangiate: questo è il mio corpo!” (Mt
26,26).
Già
i primi cristiani paragonarono il corpo spezzato di Cristo al grano,
macinato in farina per diventare pane, dopo essere stato mischiato
all’acqua della vita e passato nel fuoco dello Spirito.
Questo
pane spirituale, fatto dal grano del campo che è Gesù (Gv 15,1),
divenendo, come il vino dell’Eucaristia, nostro cibo, nutre in noi
la vita divina, che è vita eterna. E Gesù, ancora una volta,
afferma: “Io sono”. Qui dice: “Io sono il pane”. Gesù
costituisce il solo nutrimento che possa dare la vita divina. Chi non
mangia di questo pane non avrà la vita in lui (Gv 6,53). Ecco perché
noi celebriamo oggi la realtà umana e divina del Verbo fatto carne e
anche quella del corpo risorto; ed ecco perché ci dà davvero quanto
promesso. Attraverso lui, siamo concretamente in comunione con il
nostro Dio. Bisogna essere presenti alla sua presenza reale.
Antifona
d'ingresso
Il
Signore ha nutrito il suo popolo
con
fior di frumento,
lo
ha saziato di miele della roccia. (Sal 81,17)
Colletta
Dio
fedele, che nutri il tuo popolo
con
amore di Padre,
ravviva
in noi il desiderio di te,
fonte
inesauribile di ogni bene:
fa’
che, sostenuti dal sacramento
del
Corpo e Sangue di Cristo,
compiamo
il viaggio della nostra vita,
fino
ad entrare nella gioia dei santi,
tuoi
convitati alla mensa del regno.
Per
il nostro Signore Gesù Cristo...
Prima
lettura
Ti
ha nutrito di un cibo, che tu non conoscevi e che i tuoi padri non
avevano mai conosciuto.
Dal
libro del Deuteronòmio 8,2-3.14-16
Mosè
parlò al popolo dicendo:
«Ricòrdati
di tutto il cammino che il Signore, tuo Dio, ti ha fatto percorrere
in questi quarant’anni nel deserto, per umiliarti e metterti alla
prova, per sapere quello che avevi nel cuore, se tu avresti osservato
o no i suoi comandi.
Egli
dunque ti ha umiliato, ti ha fatto provare la fame, poi ti ha nutrito
di manna, che tu non conoscevi e che i tuoi padri non avevano mai
conosciuto, per farti capire che l’uomo non vive soltanto di pane,
ma che l’uomo vive di quanto esce dalla bocca del Signore.
Non
dimenticare il Signore, tuo Dio, che ti ha fatto uscire dalla terra
d’Egitto, dalla condizione servile; che ti ha condotto per questo
deserto grande e spaventoso, luogo di serpenti velenosi e di
scorpioni, terra assetata, senz’acqua; che ha fatto sgorgare per te
l’acqua dalla roccia durissima; che nel deserto ti ha nutrito di
manna sconosciuta ai tuoi padri».
Parola
di Dio
Salmo
responsoriale 147
Loda
il Signore, Gerusalemme.
Celebra
il Signore, Gerusalemme,
loda
il tuo Dio, Sion,
perché
ha rinforzato le sbarre delle tue porte,
in
mezzo a te ha benedetto i tuoi figli.
Egli
mette pace nei tuoi confini
e
ti sazia con fiore di frumento.
Manda
sulla terra il suo messaggio:
la
sua parola corre veloce.
Annuncia
a Giacobbe la sua parola,
i
suoi decreti e i suoi giudizi a Israele.
Così
non ha fatto con nessun’altra nazione,
non
ha fatto conoscere loro i suoi giudizi.
Seconda
lettura
Poiché
vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo.
Dalla
prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi 10,16-17
Fratelli,
il calice della benedizione che noi benediciamo, non è forse
comunione con il sangue di Cristo? E il pane che noi spezziamo, non è
forse comunione con il corpo di Cristo?
Poiché
vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo: tutti
infatti partecipiamo all’unico pane.
Parola
di Dio
Sequenza
[Sion,
loda il Salvatore,
la
tua guida, il tuo pastore
con
inni e cantici.
Impegna
tutto il tuo fervore:
egli
supera ogni lode,
non
vi è canto che sia degno.
Pane
vivo, che dà vita:
questo
è tema del tuo canto,
oggetto
della lode.
Veramente
fu donato
agli
apostoli riuniti
in
fraterna e sacra cena.
Lode
piena e risonante,
gioia
nobile e serena
sgorghi
oggi dallo spirito.
Questa
è la festa solenne
nella
quale celebriamo
la
prima sacra cena.
È
il banchetto del nuovo Re,
nuova
Pasqua, nuova legge;
e
l'antico è giunto a termine.
Cede
al nuovo il rito antico,
la
realtà disperde l'ombra:
luce,
non più tenebra.
Cristo
lascia in sua memoria
ciò
che ha fatto nella cena:
noi
lo rinnoviamo.
Obbedienti
al suo comando,
consacriamo
il pane e il vino,
ostia
di salvezza.
È
certezza a noi cristiani:
si
trasforma il pane in carne,
si
fa sangue il vino.
Tu
non vedi, non comprendi,
ma
la fede ti conferma,
oltre
la natura.
È
un segno ciò che appare:
nasconde
nel mistero
realtà
sublimi.
Mangi
carne, bevi sangue;
ma
rimane Cristo intero
in
ciascuna specie.
Chi
ne mangia non lo spezza,
né
separa, né divide:
intatto
lo riceve.
Siano
uno, siano mille,
ugualmente
lo ricevono:
mai
è consumato.
Vanno
i buoni, vanno gli empi;
ma
diversa ne è la sorte:
vita
o morte provoca.
Vita
ai buoni, morte agli empi:
nella
stessa comunione
ben
diverso è l’esito!
Quando
spezzi il sacramento
non
temere, ma ricorda:
Cristo
è tanto in ogni parte,
quanto
nell’intero.
È
diviso solo il segno
non
si tocca la sostanza;
nulla
è diminuito
della
sua persona.]
Ecco
il pane degli angeli,
pane
dei pellegrini,
vero
pane dei figli:
non
dev’essere gettato.
Con
i simboli è annunziato,
in
Isacco dato a morte,
nell'agnello
della Pasqua,
nella
manna data ai padri.
Buon
pastore, vero pane,
o
Gesù, pietà di noi:
nutrici
e difendici,
portaci
ai beni eterni
nella
terra dei viventi.
Tu
che tutto sai e puoi,
che
ci nutri sulla terra,
conduci
i tuoi fratelli
alla
tavola del cielo
nella
gioia dei tuoi santi.
Canto
al Vangelo (Gv 6,51)
Alleluia,
alleluia.
Io
sono il pane vivo, disceso dal cielo, dice il Signore,
se
uno mangia di questo pane vivrà in eterno.
Alleluia.
Vangelo
La
mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.
+
Dal Vangelo secondo Giovanni 6,51-58
In
quel tempo, Gesù disse alla folla:
«Io
sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane
vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita
del mondo».
Allora
i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può
costui darci la sua carne da mangiare?».
Gesù
disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la
carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in
voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita
eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia
carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.
Chi
mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui.
Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre,
così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane
disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e
morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».
Parola
del Signore
Così
Gesù si fa pane vivo nella «messa del mondo»
Omelia
padre Ermes Ronchi
Io
sono il pane vivo: Gesù è stato geniale a scegliere il pane. Il
pane è una realtà santa, indica tutto ciò che fa vivere, e che
l'uomo viva è la prima legge di Dio.
Che
cosa andremo a fare domenica nelle nostre celebrazioni? Ad adorare il
Corpo e Sangue del Signore? No. Oggi non è la festa dei tabernacoli
aperti o delle pissidi dorate e di ciò che contengono.
Celebriamo
Cristo che si dona, corpo spezzato e sangue versato? Non è esatto.
La festa di oggi è ancora un passo avanti. Infatti che dono è
quello che nessuno accoglie? Che regalo è se ti offro qualcosa e tu
non lo gradisci e lo abbandoni in un angolo?
Oggi
è la festa del prendete e mangiate, prendete e bevete, il dono
preso, il pane mangiato. Come indica il Vangelo della festa che si
struttura interamente attorno ad un verbo semplice e concreto
"mangiare", ripetuto per sette volte e ribadito per altre
tre insieme a "bere".
Gesù
non sta parlando del sacramento dell'Eucaristia, ma del sacramento
della sua esistenza, che diventa mio pane vivo quando la prendo come
misura, energia, seme, lievito della mia umanità. Vuole che nelle
nostre vene scorra il flusso caldo della sua vita, che nel cuore
metta radici il suo coraggio, perché ci incamminiamo a vivere
l'esistenza umana come l'ha vissuta lui.
Mangiare
e bere la vita di Cristo non si limita alle celebrazioni liturgiche,
ma si dissemina sul grande altare del pianeta, nella "messa sul
mondo" (Theilard de Chardin). Io mangio e bevo la vita di Cristo
quando cerco di assimilare il nocciolo vivo e appassionato della sua
esistenza, quando mi prendo cura con combattiva tenerezza degli
altri, del creato e anche di me stesso. Faccio mio il segreto di
Cristo e allora trovo il segreto della vita.
Chi
mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui.
Determinante è la piccola preposizione: "in". Che crea
legame, intimità, unione, innesto, contiene "tutta la ricchezza
del mistero: Cristo in voi" (Col 1,27). La ricchezza della fede
è di una semplicità abbagliante: Cristo che vive in me, io che vivo
in Lui. Il Verbo che ha preso carne nel grembo di Maria continua,
ostinato, a incarnarsi in noi, ci fa tutti gravidi di Vangelo,
incinti di luce.
Prendete,
mangiate! Parole che mi sorprendono ogni volta, come una
dichiarazione d'amore: "Io voglio stare nelle tue mani come
dono, nella tua bocca come pane, nell'intimo tuo come sangue, farmi
cellula, respiro, pensiero di te. Tua vita".
Qui
è il miracolo, il batticuore, lo stupore: Dio in me, il mio cuore lo
assorbe, lui assorbe il mio cuore, e diventiamo una cosa sola, con la
stessa vocazione: non andarcene da questo mondo senza essere
diventati pezzo di pane buono per qualcuno.
Omelia
Bambini
Commento
a cura di Daniela De Simeis
Oggi
la Chiesa celebra una Solennità, cioè una festa specialissima, più
grande e importante rispetto alle altre domeniche. E a chi è
dedicata questa festa solenne? Al corpo e al sangue di Cristo Gesù.
Quindi
oggi, in modo particolare, ci rallegriamo per il dono
dell'Eucaristia.
Già
il Giovedì Santo facciamo memoria dell'occasione in cui il Maestro e
Signore ha celebrato la prima Eucaristia, cioè durante l'Ultima
Cena. Quando ha scelto di rimanere in mezzo a noi, vivo e presente,
nel segno del pane e del vino.
Ma
siccome questo dono è veramente straordinario, la Chiesa ha voluto
dedicare all'Eucaristia un altro giorno di festa, tutto e solo per
rallegrarsi di questa meraviglia.
In
effetti, il Giovedì Santo, la nostra attenzione e la nostra
preghiera, sono rivolte inevitabilmente alla Passione di Gesù, che
inizia proprio con l'Ultima Cena. C'è nell?aria la malinconia per la
separazione tra il Maestro e gli Apostoli. In quella Cena, c'è anche
la consegna del Comandamento Nuovo, il Comandamento dell'Amore.
Troppi
stimoli, troppe emozioni... Rischiamo di lasciarci sfuggire qualche
dettaglio, di non vivere pienamente lo stupore per questo dono!
Ma
oggi no. Oggi, tutto di noi è concentrato su questo miracolo
grandissimo e quotidiano.
L'Eucaristia
è di certo un miracolo grandissimo, perché solo Dio, può
permettersi di cambiare la Creazione, trasformando pane e vino nel
suo corpo e nel suo sangue. Lo stesso Rabbi che a Cana di Galilea ha
dimostrato di poter cambiare la Natura, trasformando l'acqua in vino,
ha anche il potere di mutare il pane e il vino. Quel Maestro e
Signore che ha placato la tempesta, risanato gli ammalati e
richiamato alla vita chi era già morto, può rendersi presente
continuamente in ogni tabernacolo del mondo.
Dell'enormità
di questo miracolo rischiamo di non renderci conto, perché ci
abbiamo fatto l'abitudine. Dice un proverbio africano: "Chi
abita vicino alla cascata, dopo tre giorni non sente più il fragore
dell'acqua". Cioè, quando qualcosa di grandioso, come la
cascata, ce l'abbiamo di continuo sotto gli occhi, non ci rendiamo
più conto di quanto sia meraviglioso quello che accade sotto i
nostri occhi. Anche con l'Eucaristia avviene un po' la stessa cosa:
nella nostra vita quante volte abbiamo partecipato alla Messa?
Tantissime! E tutte le volte è avvenuto lo stesso miracolo? Sì.
Ecco allora che, ormai, rischiamo di considerarlo qualcosa di ovvio,
di dovuto, di normale!
L'Eucaristia
è un miracolo quotidiano, perché ogni momento, nel mondo, da
qualche parte si sta celebrando una Messa, e questo evento si
rinnova, giorno dopo giorno, ora dopo ora. Che consolazione infinita:
non siamo mai soli!
Anche
in Paesi lontani, tra persone estranee e lingue straniere, ci basta
entrare in una chiesa e inginocchiarci davanti al tabernacolo, per
sentirci a casa!
Ricorderò
sempre sr. Antonietta, una suora già sui sessant'anni, che aveva
accettato di partire come missionaria a Mosca. Non parlava il russo e
le incertezze per la nuova vita che l'attendeva erano tante. A chi le
domandava:"Ma non hai paura?" Lei rispondeva con un
sorriso: "Troveremo sempre un tabernacolo! Ovunque andrò, so
che ci sarà un tabernacolo per farmi sentire a casa!"
Scusate,
mi sono lasciata trascinare dall'emozione per la grande Solennità di
oggi, e non ho detto ancora neppure una parola sul Vangelo che
abbiamo ascoltato.
C'è
il Rabbi che parla con i Giudei, ma sembra che non riescano a
capirsi. Gesù afferma: "Io sono il pane vivo, disceso dal
cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io
darò è la mia carne per la vita del mondo".
Purtroppo,
chi lo ascolta, immagina di dover diventare come i cannibali, che
mangiano gli altri uomini! Quindi lo respingono sdegnati.
Eppure
non c'è niente di raccapricciante nelle parole del Maestro. Sono
l'eco di quello che dice ogni mamma e ogni papà quando abbracciano
il loro bimbo:"Ti mangerei! Sei così bello che ti mangerei di
baci!" Poi affondano la faccia nel pancino del figlio e fanno
finta di mordicchiarlo.
Un
mio alunno, alcuni anni fa, aveva scritto in un tema: "Quando la
mamma e il papà si baciano, sembra che vogliano mangiarsi di gioia".
Lui,
lo diceva con le sue parole semplici, ma è proprio vero che, quando
amiamo tanto tanto qualcuno, abbiamo voglia di diventare una cosa
sola con lui o con lei. Qualcuno dei più grandi, di certo ha già
studiato come funziona la nutrizione: le cellule di tutti gli
alimenti che mangiamo, diventano parte di noi, diventano parte del
nostro corpo. Tramite la digestione, le cellule del cibo con cui ci
nutriamo, si trasformano in unghie, pelle, capelli, sangue...
Anche
l'ostia consacrata, che riceviamo ogni volta che facciamo la
comunione, diventa parte di noi: Gesù entra a far parte della nostra
vita, del nostro respiro. Vive in noi e noi viviamo grazie a Lui.
Questo è magnifico!
Ogni
volta che facciamo la comunione diventiamo dei "tabernacoli con
le gambe". Ce ne andiamo in giro, quando la Messa è finita,
portando dentro di noi il Signore vivo e presente.
Chiunque
ci incontri, dovrebbe poter respirare il Suo profumo, riconoscere la
Sua presenza nel nostro cuore.
Questa
è una missione grandissima, che ci viene affidata ogni volta che
riceviamo la comunione! Ne siamo consapevoli? Uscendo di chiesa ci
ricordiamo di essere dei tabernacoli?
Ci
ricordiamo, lungo la settimana, di stare custodendo dentro di noi il
Signore Dio? Ci comportiamo come chi ospita dentro di sé il Maestro
Gesù?
Dice
il Rabbi di Nazareth, nel Vangelo di oggi: "Come il Padre, che
ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui
che mangia di me vivrà per me."
Questa
frase può essere letta con due significati: colui che mangia di me
vivrà per me, cioè grazie a me. Oppure si può intendere: vivrà
per me, cioè per essere mio, per vivere come voglio io.
Riferendoci
a Gesù Eucaristia, sono veri entrambi i significati: infatti noi
viviamo grazie a Lui, grazie al suo amore ed al suo Spirito. Ed è
anche vero che noi siamo invitati a vivere per Lui, come suoi
testimoni, seguendo il cuore del Padre.
Questo
è il nostro impegno nella settimana: fare in modo che la nostra
celebrazione non si concluda con la benedizione finale, ma continui
giorno dopo giorno nelle nostre case, nella vita di ogni giorno,
grazie alla presenza del Signore che ci ha nutriti con il suo corpo
ed il suo sangue.
L'Eucaristia
non è un vestito che possiamo sfilarci, non è un gioiello che
possiamo togliere, ma diventa parte del nostro corpo, vita del nostro
respiro: è in noi!
Adesso
ci fermiamo in silenzio, perché tutti coloro che oggi possono
accostarsi alla comunione, comincino fin da ora a preparare il cuore,
per accogliere il Signore che viene in noi e portarlo poi, ogni
giorno, vita della nostra vita.
La
Preghiera
C’è
una comunione profonda
Che
tu offri ad ognuno di noi
E
passa attraverso un gesto
Del
tutto semplice e naturale.
Tu,
Gesù, ci chiedi di mangiare
Quel
pane che è il tuo Corpo,
e
c’inviti a bere quel vino che è il tuo Sangue.
E’
attraverso di essi che si compie un mistero d’amore
E
si realizza una possibilità impensabile:
tu
dimori in noi e dimoriamo in te.
Come
un piccolo uomo
Nel
grembo di una madre si nutre di lei
E
attraverso di lei percepisce tutto ciò che accade,
così
anche a noi tu doni di essere trasformati in TE
e
di cogliere questa nuova storia
con
il tuo sguardo mite e benevolo,
con
il tuo cuore compassionevole.
Quanto
accade, in effetti,
non
richiede grandi ragionamenti,
non
esige dotti concetti,
non
obbliga a discorsi impegnativi.
E’
una questione di fede:
basta
accettare di essere
sfamati
e dissetati,
accolti
e ristorati,
sostenuti
e rinvigoriti.
Senza
alcun nostro sforzo o merito,
per
pura grazia, solo per amore...
Amen!